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Cambiamenti climatici

L’Overshoot day ci aiuta a capire perché serve un cambiamento ora per salvare il pianeta

Il 15 maggio è il giorno in cui l’Italia ha esaurito tutte le risorse naturali a disposizione per il 2023. Servirebbero due pianeti Terra per soddisfare i nostri consumi. Anche se è accompagnato da una buona dose di retorica, l’Overshoot day (che viene calcolato dal 1971) è ancora molto utile per mostrarci in modo semplice e diretto come serve un cambiamento radicale ora per salvare il pianeta.
A cura di Martina Comparelli
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Nell’era di un'informazione sempre più veloce, dove si skippa subito dopo alla notizia o alla polemica successiva, per comunicare la crisi climatica, un argomento tanto urgente quanto complesso, i soli dati della scienza non bastano: è necessario anche colpire l'immaginazione e provocare un sentimento. Per questo motivo, attorno alle spiegazioni secche e scientifiche dei panel sul clima, è nata una costellazione di immagini, grafici, dati che, raffigurando (per vie diverse) alcuni aspetti della crisi in modo istantaneo e scioccante, aiutano a comprenderne la gravità.

Una di queste figure è una data che varia di anno in anno è chiamata “Overshoot day”, ovvero il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse che la Terra può rigenerare in un anno. Più precisamente, è la data in cui la biocapacità del pianeta (ciò che il pianeta genera) viene superata dall’impronta ecologica dell’umanità (ciò che noi usiamo). Altre rappresentazioni efficaci sono le “warming stripes”, che rappresentano il riscaldamento globale o il grafico “hockey stick” (letteralmente a "bastone da hockey") che mostra l’aumento repentino delle temperature (una risposta schiacciante a chi ci dice che “il clima è sempre cambiato”), si riferiscono agli effetti della crisi climatica. L’Overshoot day invece parla della sua causa più profonda. Non semplicemente i gas che creano l’effetto serra, e neanche i combustibili fossili o gli allevamenti che li emettono, ma la nostra incapacità di accettare che viviamo su un pianeta finito con risorse limitate.

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L’Overshoot Day si sposta in base alle risorse che consumiamo ogni anno. In un mondo ideale, non consumeremmo mai più risorse di quelle che il Pianeta offre e nella peggiore delle ipotesi la data sarebbe il 31 di dicembre. La triste realtà è che, anno dopo anno, l’Overshoot Day è stato costantemente anticipato, dal 25 dicembre del 1971 al 28 luglio del 2022. L’organizzazione che calcola la data è il Global Footprint Network, fa anche notare che diverse nazioni contribuiscono in maniera variabile allo spostarsi del limite che continuiamo a superare. Non sorprende che i Paesi più ricchi siano quelli che impattano maggiormente sul consumo di risorse. Per dimostrarlo Global Footprint Network aggiunge al calcolo il livello di consumo di risorse di tutti i Paesi da cui riesce a trovare abbastanza dati, e calcola quando cadrebbe l’Overshoot Day se tutto il mondo consumasse quanto i singoli stati. Ad esempio, se tutti consumassimo risorse come chi vive negli Stati Uniti, l’Overshoot Day sarebbe stato il 13 marzo (quindi l’Overshoot Day degli USA è stato il 13 marzo). Invece se tutti consumassimo come chi vive in Jamaica, l’Overshoot Day sarebbe il 20 dicembre (perciò l’Overshoot Day della Jamaica è previsto per il 20 dicembre).

Il 15 maggio 2023 è stato l’Overshoot Day per l’Italia. Se consideriamo che la data dell’Overshoot Day del 2023 a livello globale verrà annunciata il 5 giugno, già ci rendiamo conto che non solo consumiamo troppo, ma che il nostro extra-consumo eccede quello di molti altri Paesi. Addirittura, il nostro Overshoot ha luogo più di due settimane prima della temibile inquinatrice Cina, che gli esponenti del Governo Meloni non dimenticano mai di citare quando si parla di clima. La stessa Presidente del Consiglio ha lanciato una frecciatina alla Cina durante la COP 27 (l’annuale Conferenza per il Clima delle Nazioni Unite), segnalando su Facebook la responsabilità che hanno “le nazioni maggiormente responsabili dell’emissione di gas serra, le quali, non a caso, hanno disertato il summit”.

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Questo naturalmente non vuol dire che la Cina (o anche l’India, altro grande cavallo di battaglia di chi vuole scaricare il barile della crisi climatica) non sia uno dei più grandi inquinatori al mondo. Lo è. Ma forse è arrivato il momento di prendere i dati a nostra disposizione e accorgerci che non solo l’Italia non è senza peccato, ma che ha ben più lavoro da fare per la transizione ecologica di quello che ci raccontano. Un lavoro che non si può più ignorare né rimandare, come dimostrano le immagini drammatiche della Romagna allagata in seguito a piogge torrenziali dopo mesi di siccità.

È tragicamente ironico che l’Italia si ritrovi un evento atmosferico di questa portata proprio nei giorni in cui supera il limite simbolico di risorse naturali che la Terra le offre in un anno. Qualcuno potrebbe leggerci una punizione naturale alla nostra hybris. Molto più probabilmente è la conseguenza di decenni di inazione climatica e sicuramente è l’ennesima dimostrazione di quanto il Governo Meloni, che ha dimostrato di avere ben altre priorità, non ha la minima idea della situazione in cui ci troviamo. O peggio, faccia finta di niente

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Sono un'attivista per il clima e la giustizia sociale. Dopo il master in Emergenze Umanitarie alla LSE e un corso professionale in Cambiamento climatico e salute a Yale, ho lavorato a progetti di partecipazione cittadina. Scrivo per Fanpage, Maremosso e occasionalmente altre testate. Ho collaborato a "Genova per chi non c'era" edito da Altreconomia e "Guida Rapida alla Fine del Mondo" edito da Cantiere delle Idee.
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