Nelle ultime ore l'avvocato Nicodemo Gentile, legale di Sergio Resinovich, fratello di Liliana, ha diffuso una nota con nuove clamorose rivelazioni sulla morte di Liliana Resinovich. E lo ha fatto parlando di una possibile colluttazione, dell'occultamento iniziale del corpo in un luogo diverso da quello rinvenuto e di una circostanza clamorosa che riguarderebbe l'orologio indossato da Lilli. Confermando quanto negli ultimi mesi sempre affermato.
Chi si interfaccia costantemente con i casi di omicidio dovrebbe aver appreso una regola che, in verità, si eregge a dogma. Un assassino commette mediamente venti errori. Meno della metà sono quelli di cui si rende conto. Perché la relativa commissione è da ricollegare all’imprudenza o all’imperizia di quei concitati momenti.
Quindi, se da un lato un delitto può figurare in apparenza ben organizzato, dall’altro vengono sempre commessi degli errori che possono sembrare banali. Ma che, in considerazione dello stress cui l’offender è sottoposto, banali non sono.
Il delitto perfetto non esiste. A meno che non si voglia far riferimento all’omonima serie televisiva. Nel mondo reale, quando in casi di omicidio si scomoda la perfezione lo si fa solo per nascondere le falle di un’indagine. A cui seguono archiviazione e impunità.
Quali sarebbero gli errori commessi dal potenziale assassino di Lilli? Prima di rispondere a questa domanda, vi offro una chiave di lettura che, per chi come me di professione fa profiling, è spesso il faro dell’attività ricostruttiva di un crimine.
Contrariamente a quanto si possa pensare, l’odio non è il primo tra i moventi di un delitto. Al contrario, lo è il denaro. Qualcuno delle persone vicine a Liliana poteva avere un interesse anche (o prevalentemente) economico a che la donna morisse?
L’orologio rosa di Liliana
Posto che a questo punto è assai complicato parlare di suicidio, l’errore macroscopico emerso nelle ultime ore, e che potrebbe essere stato compiuto dall’assassino, è quello connesso all’orologio. Ebbene, Liliana Resinovich – al momento del ritrovamento del cadavere – indossava il suo orologio rosa al polso sinistro. Oltre ad essere rovesciato, quindi mal messo, però, l’orologio della Resinovich era allacciato al braccio sbagliato. Difatti, come testimoniano le plurime fotografie che ritraggono la donna, Liliana era solita portare l’orologio al polso destro.
Dunque, è possibile ipotizzare che, a seguito di una lite o comunque di una colluttazione, Liliana abbia perso il proprio orologio. E, successivamente, consumato il crimine, chi glielo ha allacciato ha commesso l’errore di farlo al polso sbagliato. Il diavolo sta nei dettagli. Quella mattina Liliana non avrebbe avuto alcuna ragione di cambiare le sue abitudini.
Rispetto a quest’ultima considerazione, non posso che richiamare alla vostra mente una circostanza che già avevo più volte evidenziato. Ricordate la storia dei documenti e del portafogli rinvenuti in una borsa riposta nell’armadio di Liliana?
Per la precisione, all’interno di una shopping bag griffata di colore chiaro. E proprio il dettaglio “colore chiaro” mi aveva indotta a fare una considerazione. Dai racconti delle amiche e secondo quanto emerso dalle fotografie, nonché dal dato per il quale il suo cadavere era stato rinvenuto con una borsa nera e vuota, Lilli era solita utilizzare borse scure in inverno e borse chiare in estate.
Perché, allora, riporre i propri effetti personali in una borsa che in quella stagione dell’anno non utilizzava? Così ragionando, potrebbe essere plausibile che documenti e portafogli possano essere stati riposti in quella shopping bag da chi non aveva mai prestato attenzione a quell’abitudine della donna. Un dettaglio, quello della borsa, non di poco conto. Specie se letto in combinato disposto con il nuovo elemento dell’orologio.
La scena del crimine
Punto di partenza imprescindibile per chi indaga è una corretta e tempestiva analisi della scena del crimine. Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich, ha fatto per anni il fotoreporter di cronaca nera. Potrebbe aver compreso come inscenare o simulare un suicidio? È soltanto una suggestione. Posto che mai è stato iscritto nel registro degli indagati. Torniamo alle evidenze concrete sulla scena del crimine.
Chi altera quest’ultima commette sempre degli errori. Proprio perché, non avendo una piena conoscenza di ciò che sta inscenando, prova una forte dose di stress e non riesce a comporre in maniera logica tutti i pezzi. Dando così luogo a quella che viene chiamata “scena del crimine contraddittoria”.
Dunque, nella fase di Crime Scene Analysis, emergono inevitabilmente – come per la morte di Lilli – una serie di domande. Le quali, ove non ricevano risposta coerente rispetto al contesto generale, e così pare essere accaduto, dovranno direttamente condurre all’ipotesi di staging.
Il ritrovamento del cadavere della donna è frutto di una messa in scena? La risposta pare essere affermativa se cessiamo di ignorare dettagli macroscopici. Del resto, la corretta interpretazione dei pattern comportamentali passa attraverso l’esatta valutazione dei dettagli stessi. Questo i profiler lo sanno molto bene.
Torniamo alla faccenda orologio, un dettaglio non soltanto non trascurabile ma che potrebbe essere la chiave di volta per escludere la pista del suicidio. Chi fa profiling parla in questi casi di undoing, cioè di manomissione della scena del crimine da parte dell'assassino che conosceva la vittima. E che, quindi, ha direttamente a che fare con il legame tra vittima ed offender.
Ancor più nello specifico, riscontrare questo tipo di attività equivale ad acquisire una prima certezza investigativa: vittima e carnefice si conoscevano. Ciò perché l'undoing si estrinseca in tutta quella serie di azioni che non sono necessarie per perpetrare il crimine. Difatti, dietro di esse si nasconde una spinta emotiva fondata sul rimorso.
Tirando le fila. Chi conosceva Liliana sapeva che era sua abitudine indossare l'orologio al polso destro. Ma, a causa dello stress generato dal contesto, l'ipotetico assassino potrebbe averlo allacciato al polso sbagliato. Proprio in relazione della foga del momento e all'imprudenza che ne deriva.
La causa di morte di Liliana Resinovich
L’autopsia aveva rilevato, almeno secondo quanto dichiarato inizialmente, quale causa di morte lo scompenso cardiaco acuto. Le cause più frequenti di quest’ultimo sono: la cardiopatia ischemica, l’ipertensione arteriosa (come conseguenza dell’elevata pressione del sangue nelle arterie), il diabete e analoghe patologie croniche che, però, non risultano nella storia clinica di Liliana.
Nondimeno, le modalità di rinvenimento del cadavere – con il capo imbucato in due buste di nylon ed il corpo imbustato in sacchi neri – avevano fatto pensare ad una morte per soffocamento. Senza, però, che l’autopsia rivelasse un episodio di grave insufficienza respiratoria, i cui sono segni sempre evidenziabili in sede autoptica anche a distanza di tempo.
Ma vi è di più. Secondo quanto rivelato dal pool di legali e consulenti che affiancano Sergio Resinovich, sul corpo di Liliana ci sarebbero evidenti segni di percosse. Segni, però, mai presi in considerazione dalla procura. Nonostante si tratti di evidenze che certo non passano inosservate: palpebra tumefatta, sangue nella radice destra, e trauma nella parte destra della lingua.
In ultimo, ma comunque non per ordine di importanza, sarebbero stati altresì riscontrati: un colpo sulla tempia sinistra, un livido sul seno e un piccolo taglio sulle dita di un piede. Dunque, questi elementi porterebbero a ipotizzare che Liliana sia stata picchiata prima di essere uccisa. Ragione per cui l'avvocato del fratello di Liliana ha ritenuto opportuno nominare un nuovo medico legale. A ragion veduta. Dal momento che, come sostengo da mesi, l'integrazione dell'esame autoptico è presupposto imprescindibile per la risoluzione del caso. Così argomentando, mi torna in mente un altro elemento che dovrebbe essere maggiormente valorizzato.
Le chiavi di casa di Liliana
Le chiavi rinvenute nella tasca del piumino di Lilli non erano quelle che usava di solito, ma soltanto una copia. Quelle originali, quindi, non sono ad oggi ancora state ritrovate. Forse uno scambio perché quelle originali potevano contenere tracce che avrebbero potuto mettere in difficoltà il suo presunto aggressore?
Il corpo nascosto prima del ritrovamento?
Molti dubbi sono sorti fin da subito in relazione al ritrovamento del corpo di Lilli. Ricordiamoci che il 14 dicembre, giorno della scomparsa e probabilmente anche quello della morte, le strade pullulavano di persone verosimilmente impegnate nella corsa ai regali. Come poteva passare inosservato quel corpo? In più c’è la faccenda relativa alla mancata usura dei sacchi nei quali era conservato il cadavere.
Se il corpo imbustato fosse stato sottoposto alle intemperie per tutti quei giorni, i sacchi non avrebbero mantenuto il buono stato con il quale sono stati rinvenuti. Stato che, quindi, farebbe supporre l’iniziale abbandono del cadavere in un luogo diverso da quello in cui poi è stato rinvenuto. Come sostengono i consulenti di parte, potrebbe essersi consumato un omicidio preterintenzionale.
Nel dettaglio, secondo il legale della famiglia, Liliana “sarebbe stata intercettata, accompagnata o comunque sorpresa da una visita da parte di qualcuno che ben conosceva. Da qui si sarebbe sviluppata una accesa discussione e Liliana sarebbe stata percossa e strattonata”. Di conseguenza, la donna potrebbe poi aver subito un’occlusione delle vie respiratorie attraverso l’impiego di una sciarpa, un cappello o un giubbotto che poi ne avrebbero determinato lo scompenso cardiaco. Proprio quello di cui avevano parlato i primi parziali dell’autopsia, ora apparentemente abbandonati dai consulenti del Pm.
L’ultima consulenza medico-legale
Secondo la consulenza medico legale, Liliana sarebbe morta solamente due-tre giorni prima del ritrovamento avvenuto il 5 gennaio scorso. Pur essendo scomparsa il 14 di dicembre 2021. Dunque, così supposto, il suo decesso sarebbe intervenuto intorno al 2-3 gennaio 2022. Una circostanza fuori da ogni logica. Dove sarebbe stata tutto quel tempo senza soldi, senza documenti, senza green pass? Per giunta, la donna sarebbe rimasta vestita con gli stessi vestiti del giorno della scomparsa, avrebbe consumato la medesima colazione e ingerito lo stesso multivitaminico.
Inoltre, la consulenza non avrebbe chiarito specificatamente le cause del decesso. Forse, dicono i consulenti, verificatosi dopo che Liliana ha inalato l’anidride carbonica formatasi all’interno dei sacchetti che aveva attorno al collo. Nella consulenza si parla solamente di “possibile asfissia”.
Le indagini relative alla morte di Liliana Resinovich devono proseguire. Nessun elemento – dagli accertamenti sui telefoni cellulari passando per la progettualità e la volontà di una nuova vita accanto a Claudio Sterpin – è strutturalmente capace di sorreggere la pista suicidaria.