Long Covid, Claudio, 29 anni, vivo dopo 7 mesi di ricovero e 40 giorni di coma: “No vax? No, grazie”
BARI – Claudio Sardaro, 29 anni, di Bari, esperto di digital marketing, è un sopravvissuto. Ha avuto il Covid, in una forma violentissima, che lo ha tenuto in ospedale per sette mesi, dei quali 40 giorni di coma. Un incubo che ha coinvolto anche i suoi genitori, Francesco e Anna Maria, che purtroppo non ce l'hanno fatta. "Sapevo che mio papà era morto – racconta ora Claudio a Repubblica – , eravamo nello stesso reparto, ma non sapevo che anche mia mamma non ce l'aveva fatta. Non volevano farmelo sapere, così nessuno, per mesi, mi ha voluto dare la password del wi-fi".
Una testimonianza durissima quella di Claudio: "Più volte mi hanno dato per spacciato e tre volte sono finito in arresto cardiaco. Sono qui grazie ad Antonio e Nicola e ai loro colleghi, ai quali devo la mia vita. Ormai siamo diventati grandi amici e vado spessissimo a trovarli in ospedale". Antonio Civita, medico rianimatore, e l'infermiere Nicola De Giosa gli hanno salvato la vita (nella foto assieme a Claudio) assieme all'equipe della Rianimazione II del Policlinico, diretta dal professor Salvatore Grasso.
L'incubo inizia a febbraio.
"Mamma ha un po' di febbre, l'attribuiamo a un semplice raffreddore. I giorni passano, ma la febbre non passa. A quel punto facciamo i tamponi e lei, papà e mia sorella risultano positivi: soltanto io sono negativo. Durerà poco, perché dopo qualche giorno anch'io vengo contagiato nonostante tutte le precauzioni che avevamo preso. Mamma non ce la fa. Io dopo quattro o cinque giorni finisco al pronto soccorso. Presto sarà tutto a posto, dicevo, e lo ripetevo anche mentre mi infilavano il casco per l'ossigeno. Che strano, la fame d'aria non l'avvertivo affatto. Ma ero molto stanco e avevo la febbre altissima. E ho perso 37 chili".
E per uno che ha passato quello che ha passato Claudio, parlare di No Vax, è quasi un insulto: "Io davvero non riesco a capire come mai le persone abbiano paura del vaccino e non del Covid: perché non riflettono prima di dire no? Amici No Vax non ne ho e non sarebbero miei amici se lo fossero. Appena era scoppiata l'emergenza mi ero dato da fare su Internet per informarmi sulle mascherine Fpp2, volevo procurarmene subito qualcuna per me e per i miei. Avevo cercato di stare attentissimo a tutto fin dal primo momento. Durante il secondo lockdown, però, troppe cose non hanno funzionato: erano saltate gran parte delle regole ferree viste un anno prima. Ma il rammarico più grande è che mamma e papà non ce l'hanno fatta a essere vaccinati per tempo: oggi sarebbero ancora qui, probabilmente".
Poi in ospedale, la preoccupazione più grande era per la sorella: "Simona è importantissima nella mia vita e non volevo lasciarla da sola. Anche lei, mi hanno raccontato poi i medici, quando veniva in reparto a trovarmi diceva: "Se non ce la fa lui, non ce la farò nemmeno io". Ce l'abbiamo fatta tutti e due, invece, e fra qualche mese si sposerà". Nel reparto di rianimazione, i giorni non passavano mai: "Mi mancava da morire la vista sul mondo esterno. Mi mancava una finestra da dove guardare la vita reale. È stato bellissimo vedere il cielo dall'ambulanza quando mi hanno trasferito all'ospedale De Bellis di Castellana Grotte per la seconda fase della rianimazione, anche se durante il tragitto ho avuto un altro scompenso gravissimo. Per fortuna anche quel giorno il dottor Civita e De Giosa, l'infermiere, erano accanto a me".