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Lo studio dell’Islam nelle scuole italiane, tra pressapochismo ed errori gravi

L’arabista e islamologo Antonio Cuciniello: “Più che di uno scontro di civiltà io parlerei di uno scontro di ignoranze.”
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Nella scuola del futuro sarà sempre meno infrequente vedere ragazze con il velo.
Nella scuola del futuro sarà sempre meno infrequente vedere ragazze con il velo.

L’Islam si studia poco e male nelle scuole italiane, anche se rispetto allo scorso decennio sono stati fatti apprezzabili passi avanti dal Ministero dell’Istruzione. Il problema maggiore si chiama pressapochismo: scarso spazio dato alla conoscenza delle altre religioni, utilizzo di una terminologia sbagliata, scarse competenze offerte ai docenti per rispondere alle sfide poste da un’Italia sempre più multiculturale. “Le cose stanno, pian piano, cambiando, ma la strada da percorrere è ancora lunga. – spiega Antonio Cuciniello, arabista e islamologo che da anni studia il rapporto tra scuola e religione – Negli ultimi anni i Governi hanno fatto una scelta ben preciso dal punto di vista educativo, puntando molto sulla conoscenza delle altre culture, però questo non viene sempre recepito dai docenti o dai libri di testo. Basta prendere un qualsiasi volume per l’ora di religione nelle scuole elementari: lo spazio dedicato alle fedi diversa dalla cattolica è veramente scarso. Altro che scontro di civiltà, spesso penso che sia in atto uno scontro di ignoranze.”

Per Cuciniello è il Paese che, trasformandosi, richiede anche una trasformazione del modello educativo: “In tutte le scuole del Nord Italia si trovano ragazzine con il velo. – racconta – Ci sono classi dove gli stranieri superano addirittura il cinquanta percento degli alunni. In questi casi la scuola non può compiere errori, perché se gli studenti leggono sui libri di testo o ascoltano nelle spiegazioni del docente sciocchezze sulla loro fede o cultura sono loro che lo fanno notare, innescando un dibattito.” E le sciocchezze dette in classe sul mondo musulmano sono veramente tante, come riporta l’inchiesta “Islam a scuola” a cura di Costanza Bargellini ed Elisabetta Cicciarelli, con il contributo proprio di Cuciniello. Si va dalla spiegazione che in moschea “ci si inginocchia”, mentre in realtà i musulmani si prostrano al fatto che gli islamici vengono definiti “maomettani” nonostante il fulcro della loro religione sia Allah e non Maometto, che è “solo” il profeta, diversamente dai cristiani, per i quali Gesù è Dio. Ancora, molto spesso è possibile leggere che “il dio dei musulmani è Allah”, frase che non ha alcun senso, perché Allah non è un appellativo della divinità ma significa proprio Dio: nessuno direbbe “il dio dei cattolici si chiama Dio”. Ancora: il jihad viene presentato unicamente come “guerra santa contro gli infedeli”, mentre ha il significato principale di “sforzo interiore per migliorare se stessi”.

La ricerca riporta che “qualche volta, alcune miniature che rappresentano il profeta dell’Islam sono attribuite a copie manoscritte del Corano, smentendo quanto affermato nello stesso paragrafo, e cioè che il Corano vieta di raffigurare Maometto o Allah con pitture e sculture.” Per fare qualche altro esempio, a volte si legge che “il venerdì è il giorno sacro per i musulmani” come la domenica lo è per i cattolici, ma questo non è vero: gli islamici non hanno giorni sacri ed il venerdì è solo il giorno dedicato alla preghiera. Capita che le moschee vengano presentate utilizzando termini come “cupola” o “navata” propri dell’architettura delle chiese cristiane, ma che è impossibile adoperare per analogia. “Sono automatismi – spiega ancora Cuciniello – perché, dal momento che non conosco bene l’altro, per speigare il suo mondo utilizzo la mia lingua traendo elementi dalla mia cultura religiosa.” Raramente, poi, nei libri di testo si dà merito agli arabi di “aver dato alla civiltà medievale grandi scienziati, ma soprattutto di aver trasmesso all’Occidente molta parte della cultura greca antica. Tradotte successivamente dall’arabo in latino, queste opere furono dopo il Mille alla base della grande ripresa della scienza e della filosofia nell’Occidente cristiano” spiegano le autrici della ricerca.

“L’errore più grave che viene compiuto nelle scuole, però, è l’associazione quasi automatica che vuole tutti gli arabi come musulmani. – continua Cuciniello – Non è affatto così: nel mondo ci sono oltre un miliardo e mezzo di musulmani, ma meno del venti percento è arabo. Basti pensare che il Paese con più musulmani al mondo è l’Indonesia, che non ha nulla a che fare con il mondo arabo che, a sua volta, è completamente eterogeneo: un marocchino ed un egiziano appartengono a due mondi diversi.”

Orazio Ruscica, presidente dello Snadir, uno dei sindacati degli insegnanti di religione, spiega che, in genere “l’approccio alle fedi diverse da quella cattolica è puramente culturale. Mettiamo i nostri ragazzi nelle condizioni di conoscere l’Islam così come si presenta storicamente, anche nelle sue correnti, e la presentiamo come una delle tre grandi religione monoteismo. Anche se da tempo si parla di trasformare l’ora di religione cattolica in un’ora di cultura delle religioni, nei fatti la trasformazione è già avvenuta, come si puà leggere nelle indicazioni nazionali del Ministero.” Se è così, allora non si capisce perché mai ad insegnare le diverse religioni nelle scuole italiane debbano essere docenti scelti dai vescovi cattolici. “Si tratta comunque di insegnanti – spiega ancora Ruscica – che hanno frequentato corsi di studio di livello universitario, studiando anche i temi della multiculturalità. L’ora di religione non è un’ora di catechismo.”

“I docenti italiani sono talmente preparati quando si deve parlare di Islam che quando ero a scuola lasciavano che facessi io lezione ai miei compagni su questi temi. – afferma con ironia Haret Amar, presidente dei Giovani Musulmani Italiani – Gli insegnamenti dell’Islam in Italia sono molto carenti ed i libri di testo riportano informazioni totalmente sbagliate. Il Ministero dell’Istruzione potrebbe sfruttare noi giovani italiani di religione musulmana per organizzare dei seminari nelle scuole per spiegare al meglio cos’è l’Islam, che il jihad non è la guerra santa e che non esiste alcun obbligo per le donne di portare il velo.”

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