L’infettivologo Vella: “997 studi aperti sul Coronavirus, sul vaccino c’è troppo ottimismo”
“La strada è in salita” e non dobbiamo farci illusioni: “oggi ci sono 997 studi aperti sul coronavirus, fra terapie e farmaci antivirali. Quindi c'è un grande lavoro per trovare un farmaco specifico. Mentre i tanti vaccini in sviluppo temo non arriveranno così presto, forse per la prossima stagione. Ma mi sembra ci sia forse troppo ottimismo. E poi c'è un problema gigantesco sulla produzione dei vaccini, perché serviranno milioni e milioni di dosi, per i Paesi ricchi e quelli poveri. Credo invece che occorrerà vaccinare il maggior numero di persone, anche i bambini, contro l'influenza". Lo ha affermato Stefano Vella, infettivologo e docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nel suo intervento al webinar ‘Emergenza Covid-19: comunicazione e informazione ai tempi del coronavirus tra infodemia e fake news', promosso da Rarelab, società editrice della testata giornalistica Osservatorio Malattie Rare.
L’infettivologo lascia trasparire qualche preoccupazione per la fase 2 del lockdown. “Il virus è tra noi e al momento si sta cercando la soluzione in farmaci già esistenti, ma non abbiamo ancora dati particolarmente convincenti”, ha spiegato durante la videoconferenza organizzata dalla Fondazione ‘Insieme contro il cancro’. “ Il farmaco prima o poi ci sarà, ma l’errore più grosso che abbiamo fatto, insieme ad altri Paesi nel mondo, è stato ospedalizzare i malati Covid-19 che hanno mandato in tilt gli ospedali. La battaglia va fatta sul territorio. Siamo ancora in una fase epidemica, la curva è in calo, ma non a sufficienza” dice Vella.
“Questo virus lo avremo anche il prossimo anno. Tornerà insieme all’influenza. Va promossa una vaccinazione antiinfluenzale a tappeto”. Vella si dice preoccupato dal fatto che una mancata programmazione vaccinale possa generare una sorta di manovra a tenaglia delle due sindromi nel prossimo autunno: da una parte il coronavirus e dall’altra l’influenza stagionale. Almeno la seconda deve essere bloccata prima che la sua carica virale si affianchi a quella del Sars-Cov-2. “Non dobbiamo permettere che si intersechino. Potrebbe esserci una commistione terribile anche dal punto di vista diagnostico. Le due epidemie hanno sintomi molti simili all’insorgenza e potrebbe essere difficile riconoscere i casi Covid-19 da quelli influenzali” spiega.