L’infettivologo Bassetti: “Di Coronavirus si muore in rarissimi casi. Basta con gli allarmismi”
"Di Coronavirus, salvo rari casi, non si muore. Semmai l'infezione aggrava un quadro clinico già compromesso al punto da poter condurre al decesso un paziente di per sé in gravi condizioni". A parlare è l'infettivologo Matteo Bassetti dell'Ospedale San Martino di Genova. Nel corso di una lunga intervista rilasciata a QN, l'esperto ha voluto dire basta agli allarmismi ingiustificati degli ultimi giorni, quando in Italia è esplosa l'emergenza per la diffusione del nuovo virus, che ha finora provocato più di 600 contagi e 17 morti. "È bene sottolineare che dei positivi al virus, deceduti in questi giorni, al massimo in due o tre sono morti per colpa del patogeno – ha continuato -. Gli altri sono spirati con l'infezione, non a causa di questa". Un po' come avviene con la normale influenza stagionale: "Ogni anno per il virus influenzale perdono la vita fra i 200 e i 400 pazienti a fronte di altri 10mila che muoiono, perché l’agente patogeno ha fatto precipitare un quadro sanitario alterato da altre malattie", ha evidenziato.
Stando ai dati reali sul tasso di letalità della malattia "siamo sul 2,3% nell'Hubei, la provincia cinese epicentro dell'epidemia. In quell'area il sistema sanitario è collassato, i pazienti sono stati curati alcuni in ospedale, altri nelle palestre, altri ancora nelle roulotte. Nel resto della Cina, al di fuori della provincia di cui la Capitale è Wuhan la letalità si ferma allo 0,3%, mentre fuori dal paese asiatico il dato si attesta fra l'0,4-0,8%". Dunque, ha concluso Bassetti, "quella da Coronavirus non è un'infezione così devastante come si è fatto intendere all'inizio, quando siamo rimasti scioccati dal vedere per televisione la gente in Cina morire per strada. Il nostro sistema sanitario è più evoluto, siamo in grado di fronteggiare questa patologia con la quale dobbiamo convivere. È opportuno contenere la circolazione del Coronavirus visto che non abbiamo anticorpi, né vaccini o cure specifiche. Il fatto che stiamo enuncleando i focolai dell'infezione è un risultato positivo".
Sul perché in Italia si siano verificati più contagi che nel resto d'Europa, Bassetti ha pochi dubbi: "Evidentemente il sistema si è bucato, ma credo che, al di là degli sforzi del nostro Paese, dobbiamo renderci conto che vige il Trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione. Ovvero, se in tutta l’Unione non si chiudono le frontiere, possiamo anche ipotizzare che l’infezione l’abbiano esportata proprio quei Paesi che oggi ci trattano da appestati".