Limbadi, ex moglie di ‘ndrangheta ridotta in schiavitù, a processo il marito e la suocera
Ridotta in schiavitù, costretta a vivere in condizioni insostenibili, picchiata con pugni e calci. A giudizio per questi gravissimi reati sono stati rinviati il marito Domenico Mancuso, quarantasette anni e la suocera Giulia Tripodi, 82 anni, di Ewelyna Pytlarz, la vittima.
Si tratta di una delle più potenti e note famiglie di ndrangheta del territorio di Limbadi. Il nome dei Mancuso, peraltro, è comparso in una recente inchiesta della DDA di Catanzaro sulla morte di Maria Chindamo, l'imprenditrice scomparsa da Limbadi. Ebbene, proprio un esponente della famiglia Mancuso, il pentito Emanuele, aveva rivelato al collaboratore di giustizia Antonio Cossidente che la donna scomparsa nel 2016 sarebbe stata, in realtà,uccisa e data in pasto ai maialiil giorno stesso della scomparsa. La rivelazione ha dato una svolta a un caso aperto ormai da anni sul quale già si indaga per omicidio.
Oggi la famiglia Mancuso torna a fare notizia per il provvedimento del Gup distrettuale di Catanzaro che, accogliendo una richiesta della Dda, ha disposto quattro rinvii a giudizio nell’ambito dell'’indagine che vede vittima Ewelyna Pytlarz, oggi testimone di giustizia. Al marito, Domenico Mancuso, fratello dei più noti boss di Limbadi Giuseppe Mancuso, alias ‘Pino Bandera', e Pantaleone Mancuso, detto ‘Scarpuni') è contestato il reato di riduzione e mantenimento in schiavitù, aggravato dalle modalità mafiose. Stesso reato è stato contestato anche alla suocera della vittima e madre dei Mancuso, Giulia Tripodi. A Roberto Cuturello, 54 anni, di Limbadi, è stato contestato il reato di usura, mentre quello di di favoreggiamento in usura è stato imputato ad Antonio Agostino, sessantatré anni, di Nicotera. Da dicembre 2013, la vittima è testimone di giustizia.