Liliana Resinovich uccisa dopo la colazione: si è difesa, sul corpo ci sarebbe il Dna dell’assassino

Sono 7 le formazioni pilifere ritrovate sugli indumenti di Liliana Resinovich, 4 dai sacchetti di plastica in cui era costretta la testa e 4 dalla zona pubica. Questi sono i nuovi elementi emersi dalla seconda autopsia sul corpo di Lilli, 235 pagine che spiegano nel dettaglio tutti i passi eseguiti dall’equipe costituita dalla dott.ssa Cristina Cattaneo (e Laboratorio Labanof), dal prof. biologo Stefano Vanin, dal medico legale Stefano Tambuzzi, e dallo specialista in anatomia patologica prof Biagio Leone, per spiegare gli ultimi istanti di Liliana Resinovich.
Liliana è stata uccisa. Non si è suicidata e non è morta per la “lenta asfissia da sacchetto” così come ipotizzato dalla prima autopsia. Oltre a queste 15 formazioni pilifere ce ne sono altre due già campionate dalla Polizia scientifica durante la prima fase delle indagini. Due degli elementi piliferi individuati del pube sono incolori, quindi bianchi. E diversi dal colore dei peli di Lilli. Dall’estrazione del Dna di questi peli e capelli potrebbe emergere l’identità della persona che ha aggredito Lilli. Molto dipenderà dalla qualità del Dna analizzabile: se c’è il bulbo è possibile risalire all’identità, se non c’è può essere più complesso. Non solo peli e capelli: verranno analizzati anche residui genetici sul cordino, sui sacchi esterni, e su altri reperti già analizzati.
Vediamo però pagina per pagina la consulenza tecnica.
La temperatura dell'esterno
Nella relazione c’è uno studio entomologico, compilato dallo specialista Stefano Vanin. Si legge: "Un cadavere in decomposizione costituisce un habitat in continuo cambiamento. Ogni stadio di decomposizione del cadavere è attrattivo per differenti gruppi di insetti": è quindi grazie agli insetti presenti in un determinato ambiente e specifiche temperature che è possibile datare la morte. Il tutto dipende – viene scritto nella relazione – anche dalla temperatura del luogo.
Sappiamo che quando venne trovato il corpo di Lilli non vennero rilevate le temperature del corpo e dell’ambiente. Ecco quindi che nella relazione si ricostruisce l’habitat e poi si studiano gli insetti presenti sui sacchetti e indumenti e nella cassa in cui è stato tenuto il corpo di Lilli dopo l’esumazione. Per supposizione scientifica si è arrivati alla temperatura del parchetto in quei 22 giorni: è stata fatta la differenza con la temperatura registrata dalla stazione metereologica, la Stazione Molo F.lli Bandiera. La differenza è di 2,9 gradi ed è quanto è stato sottratto alle temperature registrate dal 14 dicembre del 2022 al 5 gennaio del 2023. E dunque la perizia risponde a un altro importante quesito, e cioè quale fosse la temperatura di quei giorni: circa 5,4 gradi centigradi, con una variabile di 1,6 gradi (o di 1,5 se non si considerano i giorni della scomparsa e del ritrovamento). "In tale periodo le temperature sono state anche al di sotto dei 3 gradi".
Il corpo non è stato congelato o spostato
Sono stati trovati sulla canotta indossata da Lilli e nei sacchi neri delle tipologie di formiche “criofile”, ovvero insetti che vivono in un ambiente freddo, di 2-3 gradi. Queste formiche si nutrono di zuccheri vegetali. Ecco perché il corpo di Lilli non può essere stato tenuto in un ambiente chiuso o al caldo, e dunque, secondo i consulenti, è sempre stato al parchetto dell’ex Opp.
Inoltre – scrivono – “è possibile affermare che l’aspetto dell’edera sottostante il cadavere, e l’aspetto dei sacchi che lo contenevano, ben si accorda con la possibilità che il cadavere della sig.ra Resinovich sia rimasto nel luogo del rinvenimento per circa 20 giorni, ossia fin dal giorno della sua scomparsa”.
L’epoca della morte
Si parte dai primi dati. Lilli è scomparsa il 14 dicembre 2021 ed è stata trovata 22 giorno dopo, il 5 gennaio 2022. La Tac è stata eseguita l’8 gennaio del 2022, e l’autopsia l’11 gennaio.
La prima autopsia, firmata da Fulvio Constantinides e dal medico radiologo Fabio Cavalli, aveva fatto risalire la morte a massimo 60 ore prima del ritrovamento del corpo. La datazione si basava sul rigor mortis, la rigidità tipica dei cadaveri e che scompare in condizioni normali 48 ore dopo la morte, ma anche sulle macchie ipostatiche, che si formano sui corpi, sulle macchie dei piedi e delle mani, sulla valutazione del tono dei bulbi oculari e dall’assenza del gas putrefattivo.
Per i nuovi consulenti, il fatto che non sia stata presa la temperatura nel momento del ritrovamento del corpo di Lilli rappresenta “una criticità del tutto insormontabile poiché non consente di avere il dato quantitativo della temperatura cadaverica, indispensabile, in teoria, al fine della stima dell'intervallo post-mortale”.
Per il collegio di consulenti non si può quindi fare solamente la valutazione del rigor mortis o degli aspetti che riguardano il corpo, senza inserirli all’interno del contesto ambientale e di temperatura esterna. Le macchie ipostatiche, che si formano sul corpo dopo la morte, sono “il parametro tanatocronologico dotato di minore affidabilità, a meno che esso non venga inserito in una cornice di valutazione complessiva”. Per quanto riguarda il rigor mortis, presente sul corpo di Lilli, la relazione fa l’esempio di uno studio di Torino, in cui si analizza la rigidità cadaverica a basse temperature: "È possibile riscontrare una persistenza del rigor mortis molto più lunga del previsto quando le condizioni ambientali assomigliano alle temperature medie invernali esterne delle zone temperate”. E si tratterebbe proprio delle temperature rigide del boschetto nei giorni dal 14 dicembre al 5 gennaio. Dunque “non vi è alcun elemento in contrasto con l’ipotesi che la morte della donna possa essersi realizzata 22 giorni prima e, quindi, il giorno della sua scomparsa”. Per il collegio peritale resta molto grave che non sia stata rilevata la temperatura del corpo di Lilli e dell’ambiente esterno come viene più volte ripetuto nella consulenza tecnica.
“Nel complesso, pertanto, deve concludersi che l’assenza del dato quantitativo della temperatura cadaverica, unitamente ad alcune omissioni in sede di sopralluogo che pregiudicano l’applicazione anche delle metodiche qualitative, nonché il ricorso a parametri radiologici esclusivamente di natura sperimentale, hanno condotto a una stima dell’epoca di morte che difetta di evidenza e solidità scientifica, dovendosi, dunque, porla seriamente in discussione”. Oltre a quanto scrivono, Lilli è stata trovata con gli stessi indumenti che indossava il giorno della scomparsa, nello stomaco era presente la colazione della mattina della scomparsa, ed era depilata (si era depilata da poco).
In base al contenuto gastrico, al fatto che la digestione fosse ancora in corso, la morte viene collocata 2-4 ore dopo la colazione, avvenuta circa alle 7. E quindi Liliana è morta massimo alle 11:00 del mattino. Dal giorno del ritrovamento fino alla Tac e al giorno dell’autopsia il corpo di Lilli non è stato opportunamente conservato al freddo.
Il corpo inoltre non è stato congelato. I consulenti non sono riusciti ad effettuare l’esame per ricercare l’enzima che possa rivelare se ci sia stato congelamento perché, non hanno trovato tessuti del corpo idonei, “non si dispone di alcun tipo di substrato cadaverico”, come scrivono. Ma resta una ipotesi remota perché proprio grazie allo studio ambientale e della fauna non ci sono elementi che portino a pensare che il corpo sia stato spostato (tra cui la posizione dell’edera e le formiche tipiche del freddo).
La causa della morte
Nella prima autopsia si era ipotizzato che Liliana si sia suicidata per lenta asfissia da sacchetto (Pbs – plastic bag suffocation). Però, notano i consulenti, chi si suicida in questo modo è depresso e prende anche dei farmaci narcotici o alcool prima di farlo. Il tossicologico di Lilli non rileva niente di tutto ciò, non ci sono ricerche su internet sul suicidio e in particolare su quella modalità di morte.
I consulenti esprimono delle difficoltà nel valutare bene il corpo: mancano fotografie nel momento del ritrovamento, e il corpo fu conservato a temperature non idonee dopo: "Questo pone dei rilevanti limiti tecnici", scrivono. Non è dunque stato possibile per loro effettuare una nuova ricognizione delle ferite e delle lesioni. Si sono basati sulla prima autopsia che descriveva traumi e lesioni (anche se non causati da terzi).
Attraverso l’analisi dei tessuti delle diverse parti del cadavere di Lilli, conservate sui vetrini, i consulenti sono riusciti a trovare riscontro scientifico dei traumi. Alla testa ci sono “numerosi microfocolai emorragici”, che è coerente con quanto veniva riscontrato nella prima autopsia in cui si scriveva che “una volta scollati i tessuti molli si nota infiltrazione emorragica a livello di muscolo temporale sinistro”.
Si tratta di un tipo di lesione che avviene quando Lilli è ancora in vita. A provarlo anche la presenza di due enzimi P-selectina (CD62P) ed E-selectina (CD62E), che compaiono a pochi minuti dal trauma e che sono presenti durante l’esame. Scrivono: “Si deve, dunque, concludere che i reperti di infiltrazione emorragica osservati microscopicamente al labbro inferiore destro e in sede cerebrale della donna e sottoposti a rivalutazione specialistica istopatologica forense devono ritenersi essere certamente espressione di lesività traumatico-contusiva prodottasi in epoca molto ravvicinata all’evento morte”. Queste lesioni alla mano, al viso, al cranio e la frattura alla vertebra toracica, a causa della loro posizione, risulta impossibile che siano di natura accidentale, ma “possono trovare una concreta e plausibile spiegazione scientifica solamente con l’avvenuto intervento di una terza persona".
Importante anche che siano state trovate lesioni in sede di difesa: si nota il “rinvenimento di lesioni su sedi tipiche per lesioni da difesa, nonché anche di strattonamento e immobilizzazione”, si legge. Liliana avrebbe provato difendersi.
Le lesioni al naso e alla bocca ci dicono che sia avvenuta una asfissia meccanica esterna: Liliana è stata soffocata, e poco prima della morte sicuramente è stata aggredita. Si parla di "plurimi poli d’urto al capo eteroinferti, i quali possono trovare piena giustificazione sia come lesioni prodotte durante la realizzazione della soffocazione esterna diretta, sia come lesioni prodotte da una aggressione fisica prima, rapidamente culminata nella mortale soffocazione”.
Non è possibile però capire se sia stato il sacchetto a uccidere Liliana (in seguito a una aggressione) o se Lilli sia stata prima aggredita e soffocata, con la mano o un tessuto morbido, e poi messa nei sacchetti. Però – scrivono i consulenti – anche le modalità in cui viene trovata, la posizione, “imbustata” in più involucri – "nel complesso, il comune buon senso, la pratica quotidiana medico legale ma soprattutto l’insieme di dirimenti elementi scientifici rendono l'ipotesi del suicidio astratta e priva di reale concretezza”.
Resta l’amarezza del fratello Sergio. “Non posso dire di essere contento, mia sorella non tornerà più: diciamo che sono sollevato perché è certificato che Lilly non si è suicidata. È stata uccisa in maniera brutale, adesso vediamo come procederà la nuova Procura”, ha commentato.