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La morte di Liliana Resinovich

Liliana Resinovich si è suicidata? Perché è importante il Dna maschile rinvenuto sul cordino

Nonostante la Procura sembri prediligere la pista del suicidio in ordine alla morte di Liliana Resinovich, importanti risposte potranno derivare anche dall’analisi del Dna maschile rinvenuto sul cordino.
A cura di Anna Vagli
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Il giallo relativo alla morte di Liliana Resinovich sembrerebbe essere vicino a una svolta. Ma, nonostante gli inquirenti dichiarino di prediligere la pista suicidaria, non hanno mancato di svolgere ulteriori accertamenti. In specie, proprio sottoponendo Sebastiano Visintin all’esame del Dna. Si tratta solo di una scelta dettata dalla volontà di fugare ogni dubbio? Quel che appare evidente è l'estrema cautela con la quale la Procura di Trieste divulga gli esiti degli accertamenti.

L’accertamento irripetibile sul Dna maschile

Il fatto che sia stato prelevato un campione di Dna a Sebastiano non è un dato trascurabile. Se gli inquirenti avessero già la certezza matematica che Liliana si fosse suicidata, a mio avviso, non avrebbero avuto alcun tipo di necessità di chiedere al marito di sottoporsi a quel tipo di esame. Esame che sarà per certi aspetti sicuramente dirimente. E vi spiego subito il perché.

Le analisi irripetibili che verranno effettuate in laboratorio sul campione genetico maschile repertato potranno portare a tre risultati.

Primo risultato: il test di laboratorio è inconclusivo. Una simile ipotesi implicherebbe l’impossibilità di compiere un’attività di comparazione tra il contributore noto (Sebastiano) e il contributore ignoto (soggetto sconosciuto a cui appartiene il Dna isolato).

Questo perché il Dna presente sul cordino potrebbe essere parziale, quindi mancante di qualche allele, oppure potrebbe essere degradato a causa del decorso del tempo. Di conseguenza, il test sarebbe inconclusivo proprio perché non in grado di fornire con una percentuale certa l’informazione che quel Dna appartiene a Sebastiano o astrattamente a qualche altro individuo. In altri termini, si tratterebbe di un codice genetico non attribuibile.

Secondo risultato: il Dna isolato sul laccio non coincide con quello di Sebastiano e, quindi, lo esclude. In tale evenienza si renderebbe pertanto necessaria la ricerca di altri soggetti di sesso maschile.

Terzo risultato: il Dna isolato combacia con quello di Sebastiano. In questo caso, si avrebbe il c.d. “Dna match” e, a quel punto, per l’uomo potrebbe poi effettivamente mettersi male.

Trattandosi di un accertamento di matrice irripetibile, prima di espletare la comparazione, a norma dell’art. 360 c.p.p., il nome di Sebastiano dovrà essere iscritto necessariamente nel registro degli indagati. Pena l’inutilizzabilità della prova qualora dovesse instaurarsi un procedimento penale proprio nei confronti del marito del Resinovich. Difatti, la mancanza di tale passaggio, lederebbe il principio del contraddittorio.

Il suicidio di Liliana Resinovich come ipotesi privilegiata

L’ingente quantitativo genetico riscontrato sul cordino e attribuito a Liliana Resinovich, lo abbiamo visto nell’approfondimento di ieri, porta la Procura a battere prevalentemente la pista dell’estremo gesto autolesionistico. Pur, però, continuando a svolgere attività finalizzate a fugare ogni dubbio in ordine alla responsabilità di altri soggetti. C’è attesa per gli esami tossicologici.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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