“Liliana Resinovich non ha assunto sostanze prima di morire”, cosa è emerso dall’esame tossicologico
Liliana Resinovich non ha assunto nessuna sostanza prima di morire. Le ultime notizie sul caso della donna scomparsa prima di Natale a Trieste e poi trovata morta a gennaio in un boschetto del parco dell'ex ospedale psichiatrico di San Giovanni arrivano dalla Procura. Liliana Resinovich, 63 anni e una vita apparentemente tranquilla, non ha assunto “sostanze xenobiotiche, droghe e farmaci, che possano aver cagionato il decesso” secondo quanto stabilisce l'esame tossicologico approfondito disposto dalla Procura di Trieste i cui esiti sono stati depositati ieri, lunedì 21 marzo. Pertanto – si legge in una nota firmata dal procuratore capo Antonio De Nicolo – il quadro investigativo non è mutato. Le indagini sul giallo di Trieste proseguono ma al momento non è stato trovato alcun elemento che possa avvalorare l'ipotesi dell'omicidio. Vanno avanti le ulteriori attività d'indagine affidate alla Squadra Mobile della Questura di Trieste e alle competenti articolazioni scientifiche della Polizia.
Esame tossicologico su Liliana Resinovich
I test effettuati, secondo quanto reso noto, sono stati "sia di tipo immunochimico su sangue e urine, sia di tipo cromatografico in spettrometria di massa tandem per tutte le altre matrici biologiche. Le analisi tossicologiche immunochimiche di screening hanno dato esito negativo". Sul corpo di Liliana Resinovich sono state trovate tracce di caffeina e teobromina, uvette, sostanze appartenenti al complesso della vitamina 86, un'aspirina e una tachipirina "ritrovate solo nelle urine". Gli esami tossicologici erano stati disposti in occasione dell'autopsia sul corpo di Liliana, avvenuta l'11 gennaio. L'autopsia, dal canto suo, aveva stabilito che la donna era morta per scompenso cardiaco acuto e sul corpo non erano stati rilevati "traumi da mano altrui atti a giustificare il decesso".
Il dna sul cordino
Nei giorni scorsi era emersa la notizia che una traccia del dna di Liliana Resinovich è stata rinvenuta sul cordino che stringeva i due sacchetti nei quali era infilata la testa della 63enne. La traccia trovata sul cordino ha però un dna misto: sullo stesso punto, oltre al dna di Liliana ne è stato trovato un altro molto debole, difficile da attribuire ad alcuno. Sia al marito Sebastiano Visintin che all'amico Claudio Sterpin è stato effettuato il prelievo per una eventuale comparazione.