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La morte di Liliana Resinovich

Liliana Resinovich morta poco prima del ritrovamento? Tutto quello che (ancora) non torna nel giallo

Liliana Resinovich sarebbe morta tra le 48-60 ore prima del ritrovamento del cadavere. Chi l’ha nascosta? Aveva appuntamento con altri oltre a Claudio?
A cura di Anna Vagli
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C’è più di una nota stonata nella tragica fine di Liliana Resinovich. Le indagini avevano fin da subito evidenziato la mancanza di quella prova schiacciante capace di declinare “senza se e senza ma” l’esito di una storia di scomparsa.

Neppure le analisi genetiche e quelle autoptiche sono state in grado di fornire risultanze capaci di fugare ogni dubbio. Un terreno mai così impervio. E allora, per cercare di ricostruire la storia, in attesa della decisione della Procura, mai come adesso intenzionata ad archiviare, bisogna provare a cercare risposte altrove. In quelle tessere che non si incastrano con il resto del puzzle.

La granitica certezza appare oggi emergere dalla collocazione temporale del decesso. Fissata dai consulenti della Procura tra le 48 e le 60 ore prima del ritrovamento del cadavere. In aggiunta, l'elaborato medico legale sembrerebbe fugare ogni dubbio – secondo i professionisti incaricati  –  sull'ipotesi del suicidio.

In questo senso, secondo quanto tradotto in atti, mancherebbero segni di legature o emorragie sul collo di Lilli.  E pertanto, l'assenza dei segni in parola, escluderebbe l'attività violenta esercitata per mano di terzi sulla donna stessa.

Una circostanza pressoché anomala e foriera di nuovi e ingombranti interrogativi per chi indaga.

Un dato sembra essere incontrovertibile. Grazie a fonti vicine a Fanpage.it, sappiamo con certezza che i sacchetti che avvolgevano il corpo di Liliana erano ben conservati così come lo erano gli abiti da lei indossati. Quindi, si trovavano in uno stato non compatibile con un'esposizione di venti giorni agli agenti atmosferici.

Ancora. Lilli è stata trovata perfettamente depilata come il giorno nel quale è scomparsa. Una condizione fisiologicamente incompatibile con l'ipotesi della morte avvenuta in un'epoca anteriore a quella individuata dai consulenti della pubblica accusa. Dunque, Liliana non sarebbe rimasta per venti giorni nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico dove poi è stata ritrovata.

Ma vi è di più. Sempre grazie alla nostra fonte siamo in grado di dirvi che il rigor era ancora instaurato e che ancora non erano iniziati i fenomeni putrefattivi sul corpo della Resinovich. Questa considerazione rende inattaccabile la collocazione temporale della morte (tra le 48 e le 60 ore prima del ritrovamento, appunto), ma complica, se possibile, la questione.

Dove è rimasta nei giorni in cui ancora risultava scomparsa? Aveva un altro appuntamento oltre a quello con Claudio? È verosimile che non si sia mai cambiata?

La data di morte di Liliana Resinovich

Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visentin
Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visentin

Gli esiti medico-legali non solo non sciolgono i dubbi sulla causa di morte di Lilli, ma aprono un altro possibile scenario. Difatti, secondo quanto emerso dalla consulenza disposta alla pubblica accusa, la donna sarebbe morta solamente 2-3 giorni prima del ritrovamento del suo corpo avvenuto il 5 gennaio 2022.

Ma era scomparsa della sua abitazione il 14 dicembre 2021. In quest'ottica, il suo decesso sarebbe avvenuto il 2 o il 3 gennaio 2022. Se così fosse, però, ci sarebbe un pregnante interrogativo al quale l'organo requirente dovrà dare risposta. Dov’è stata Resinovich nei giorni in cui ancora era scomparsa?

Sappiamo con certezza che il 14 dicembre era uscita di casa senza soldi, senza i suoi cellulari, senza documenti e senza Green pass. Quest’ultimo costituiva peraltro in quel periodo (a cavallo tra il 2021 ed il 2022) un certificato indispensabile sia per salire sui mezzi sia per svolgere qualsiasi tipo di attività. Inclusa quella di ristoro nei locali chiusi.

Sulla scorta di quanto emerso, in aggiunta, Liliana sarebbe rimasta vestita con i soliti vestiti che indossava la mattina della scomparsa e, come ultimo pasto, avrebbe ingerito lo stesso cibo: panettone con uvetta e caffè. Incluso il multivitaminico.

Lilli dal giorno 14 dicembre al giorno 5 gennaio era una donna scomparsa, Trieste era invasa da giornalisti e telecamere e le ricerche erano attive su tutti i fronti. Dove è stata per tutto quel tempo? Qualcuno l'ha nascosta? Chi le ha dato da mangiare? Chi l’ha sottratta agli occhi indiscreti delle televisioni? Sono davvero ipotesi molto poco credibile. Chi potrebbe mai essersi fatto carico di simili rischi?

E sopratutto. Ammettendo che Lilli sia morta 48-60 ore prima del ritrovamento, come cristallizzato in consulenza, possiamo davvero ipotizzare che lei stessa (o il suo assassino) abbia ingerito la medesima colazione consumata il giorno della scomparsa? Lo scenario è da film e appare davvero inverosimile per chi scrive.

Gli esiti dei tossicologici alla luce delle risultanze autoptiche

Per risolvere l’enigma sulla causa di morte di Liliana Resinovich, la Procura aveva disposto mesi fa l’esame in laboratorio di ben settecento sostanze. Ma nessuna di queste risultava essere stata assunta da Liliana. Anzi, si ribadisce, gli ultimi risultati emersi dall'autopsia escluderebbero la presenza di "importanti segni di legature o emorragie sul collo".

Dunque, accantonerebbero l'ipotesi di un'attività violenta esercitata su Liliana. Escludendo in soldoni la possibilità che terzi abbiano concorso a determinare la morte di Lilli. Ma è davvero così?

Sulla scorta delle anomalie riscontrate in sede medico-legale, la domanda che gli inquirenti dovrebbero porsi adesso riguarda l’esistenza o meno di sostanze potenzialmente mortali in grado di sfuggire agli esami tossicologici. In questo senso, però, è doverosa una premessa. Che, peraltro, consentirebbe anche di fare un passo in avanti in quest’indagine dai contorni ancora troppo sbiaditi.

Liliana Resinovich non era né un medico né un biologo. Di conseguenza, ove si prospetti l’assunzione di sostanze nocive, è ragionevole ipotizzare che si sia trattato di sostanze agevolmente reperibili in commercio. Esistono in circolazione sostanze facilmente fruibili, ma non rilevabili in sede tossicologica? La risposta è affermativa e riguarda farmaci come l’insulina.

L’insulina, difatti, se assunta in sovradosaggio può costituire causa di uno scompenso cardiaco acuto. Quindi, l’overdose di quest'ultima potrebbe spiegare il mancato riscontro di evidenti tracce riconducibili a una grave insufficienza respiratoria. Eppure, lo scompenso cardiaco acuto causato da sofferenza asfittica dovrebbe lasciare segni particolarmente evidenti a livello polmonare. Mentre invece non pare essere trovata traccia così evidente.

La posizione di Sergio, fratello di Liliana

Chi non ha mai accettato, e continua a non farlo, l'ipotesi dell'estremo gesto autolesionistico è Sergio Resinovich, fratello di Liliana. L'uomo, avvalorando peraltro i riscontri derivanti dall'autopsia psicologica, ha sempre sostenuto come sua sorella si trovasse sicuramente a un bivio esistenziale: voleva lasciare il marito Sebastiano dopo trent'anni di matrimonio, ma aveva già anche deciso quale direzione esistenziale prendere.

Liliana Resinovich
Liliana Resinovich

Non certo quella mortifera. Al contrario, e questo è un altro dato avvallato dalle indagini informatiche, per tutto il mese di dicembre fino alla scomparsa, aveva cercato su internet appartamenti da prendere in affitto. Una progettualità puntuale e determinata in completa antitesi con la volontà suicidaria.

Inoltre, ad avvalorare quanto sostenuto da Sergio era intervenuta a fine agosto la nota dell'Avv. Gentile. Difatti, secondo quanto emerso in indagini difensive, secondo il legale del fratello, Liliana sarebbe stata picchiata e uccisa da una persona a lei vicina proprio il giorno della sua scomparsa.

Una considerazione avvalorata dai presunti segni di percosse riscontrati sul corpo della donna oltre che dalla collocazione al polso sbagliato dell'orologio della donna. Se Lilli era solita indossare quest'ultimo al polso destro, perché quella mattina avrebbe dovuto allacciarselo al polso sinistro?

Il quadro resta ancora troppo poco chiaro e antitetico. Come ribadisco dall'inizio di questa storia, posto che il delitto perfetto esiste solamente nelle serie televisive (e forse neppure più in quelle, dal momento che gli assassini vengono sempre scoperti grazie alle abilità eroiche degli investigatori di turno), per scoprire davvero cosa è accaduto a Liliana è necessario disporre quanto meno un'integrazione autoptica.

Altrimenti, potrebbe trattarsi dell'ennesimo delitto impunito.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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