Liliana Resinovich, le indagini vanno avanti: rigettata la richiesta di archiviazione
L’inchiesta sulla morte di Liliana Resinovich prosegue e va avanti con altri approfondimenti, lo ha stabilito oggi il Tribunale di Trieste che ha rigettato la richiesta di archiviazione che era stata avanzata dalla Procura. Accolte dunque le richieste dei famigliari che si erano opposti ai pm, chiedendo nuovi approfondimenti sulla morte della donna, ritrovata senza vita nel parco dell'ex ospedale psichiatrico di San Giovanni il 5 gennaio del 2022, poco distante da casa, dopo essere scomparsa nel nulla nel dicembre precedente.
Il gip Luigi Dainotti ha disposto che le indagini continuino con l’ipotesi di omicidio volontario e ordinato nuovi accertamenti sul caso in 25 punti in cui elenca le cose da approfondire. Accolte invece le opposizioni di tutti i famigliari di Liliana Resinovich che con diverse istanze avevano chiesto di indagare ulteriormente sul caso: fratello e sorella ma anche il marito Sebastiano Visintin.
I 25 punti del Gip per riaprire le indagini su Liliana Resinovich
Tra i 25 punti elencati dal gip per la riapertura delle indagini su Liliana Resinovich vi sono numerosi elementi richiesti dalla famiglia. Tra le altre cose una nuova consulenza medico legale sul corpo con un eventuale riesumazione del cadavere che dovrà accertare le lesività riscontrate sul cadavere e verificare la fondatezza dell'ipotesi del congelamento o del raffreddamento dello stesso. Richiesta anche l'analisi di tutti gli account in uso a Liliana e di numerosi dispositivi digitali, come chiesto dalla famiglia con una perizia; la verifica delle celle telefoniche dell'area del ritrovamento e l'analisi del traffico telefonico; ma anche l'analisi di tutti i dispositivi telefonici e account in uso alle persone vicine alla vittima, in particolare il marito Sebastiano Visintin e l'amico speciale, Claudio Sterpin. Il gip chiede anche di effettuare un raffronto tra i Dna rinvenuti sulla bottiglietta e sugli slip di Liliana con il profilo genetico di varie persone attenzionate nelle indagini e di effettuare esami comparativi tra l'impronta guantata e i guanti utilizzati dagli operatori per accertare o escludere l'intervento di terzi sui sacchi nei quali era chiuso il cadavere e di comparare la stessa impronta con il guanto trovato nei pressi del corpo.
La famiglia di Liliana: "Tante argomentazioni per riapertura delle indagini"
“Abbiamo portato tante argomentazioni a sostegno di una riapertura delle indagini nell’interesse di tutti. Noi non abbiamo chiesto condanne, chiediamo che si continui a indagare” aveva dichiarato il legale del fratello di Liliana Resinovich, l'avvocato Nicodemo Gentile, spiegando: “Tra le varie cose che abbiamo indicato al giudice ci sono degli account di posta elettronica che sono stati ritrovati, ma mai ispezionati, e una posta elettronica può contenere di tutto”.
Al giudice per le indagini preliminari chiamato a decide sull'archiviazione erano state presentate diverse memorie con perizie di parte che sottolineavano i numerosi punti oscuri della vicenda. "Siamo partiti dalla medicina legale perché ci sono lesioni sul corpo di Liliana che ci dicono che bisogna approfondire” avevano spiegato i legali. Sicuramente molte delle richieste dei parenti riguardano i molti elementi emersi nell'inchiesta, sia della vita privata della donna sia sul luogo del ritrovamento del cadavere, che non corrisponderebbero con l’ipotesi del suicidio.
Ipotesi del suicidio a cui non crede nemmeno il marito di Liliana, Sebastiano Visintin. "Vorremmo capire come e quando è morta Liliana. La Procura dice che è lo stesso perché non ci sono reati. Per loro è indifferente la data" aveva infatti dichiarato a Fanpage.it l'uomo. La donna spari senza messaggio e fu ritrovata senza vita molte settimane dopo con dei sacchetti a coprire il corpo in un boschetto non lontano da casa. Per i parenti qualcuno le avrebbe fatto del male perché non vi sarebbe alcuna una motivazione dietro un suicidio.
Per i pm l’unica ricostruzione possibile è il suicidio
La Procura triestina invece aveva stabilito che, dopo tutti gli accertamenti investigativi e medico legali condotti sul corpo di Liliana Resinovich e sul luogo del ritrovamento, si trattava di suicidio. Per i pm l’unica ricostruzione possibile, dopo un anno di indagini, è quella di un “intenzionale allontanamento dalla sua abitazione” e “intenzionale decisione di porre fine alla propria vita” in quanto l'inchiesta ha escluso “l’avvenuta segregazione contro la sua volontà” e “la sussistenza di altre condotte lesive” a opera di terzi.
Una tesi che ora il giudice ha rigettato, stabilendo che vanno condotti ulteriori approfondimenti che possano chiarire come sia morta effettivamente Liliana Resinovich