Claudio Sterpin racconta a Fanpage.it le ultime ore con Liliana Resinovich: “Per me Visintin protegge qualcuno”

Liliana Resinovich sarebbe stata soffocata da terzi, probabilmente presa alle spalle in modo tale che non potesse reagire. La 63enne sarebbe morta il giorno stesso della sua scomparsa, il 14 dicembre 2021, e non poco prima del ritrovamento del corpo avvenuto il 5 gennaio del 2022 nel boschetto dell'ex Opp di Trieste. Grazie alla super perizia della dottoressa Cristina Cattaneo, la pista del suicidio è stata accantonata e si punta all'ipotesi omicidio.
"Era ora! Lo diciamo da sempre. Era ora! Benedetta sia la dottoressa Cattaneo che ha accertato quello che noi sosteniamo da tempo" ha commentato al telefono Claudio Sterpin, l'amico speciale di Resinovich. È lui il "secondo uomo" di questa storia: Liliana avrebbe dovuto raggiungere proprio l'abitazione di Sterpin la mattina del 14 dicembre 2021.
Di quella mattinata, Claudio Sterpin ricorda ancora tutto. "Le ho dato il buongiorno con un sms – ha raccontato a Fanpage.it – e lei mi ha risposto con una breve telefonata per dirmi che prima di venire da me, doveva recarsi in un negozio di telefonia per alcune commissioni. Mi ha detto che avrebbe tardato di alcuni minuti e ci siamo salutati. Io la aspettavo più o meno per le 9.30, come ogni martedì. Passata la mezz'ora di ritardo io ero relativamente tranquillo, ma dopo 40 minuti lo ero molto meno perché Liliana era solita avvisare anche solo per un ritardo di 10 minuti".

Lei ricorda cosa è successo il 14 dicembre del 2021?
"Ogni dettaglio. L'ho detto mille volte e altre mille volte posso ripeterlo: ero a casa che aspettavo Lilly come ogni martedì. Alle 8.00 circa le avevo mandato un messaggio per darle il buongiorno e lei mi aveva risposto con una telefonata di qualche secondo per informarmi che avrebbe tardato un po' per via di alcune commissioni. Normalmente il nostro appuntamento era per le 9.30, ma avendo appreso di questi suoi impegni inizialmente non mi sono preoccupato e ho continuato ad aspettarla. Dopo 40 minuti di ritardo ho iniziato ad allarmarmi perché non aveva chiamato. Lilly era molto metodica e precisa, aveva la delicatezza di comunicare anche solo se perdeva l'autobus".
"Questo è l'inizio di quel maledetto 14 dicembre. Prima di quel giorno, Liliana era sempre venuta a trovarmi il martedì mattina per aiutarmi a stirare. Quella era la scusa principale, ma poi eravamo soliti pranzare e trascorrere la giornata insieme fino a quando Liliana non doveva rincasare. Nel pomeriggio andavamo insieme al cimitero a trovare i nostri parenti deceduti e poi la accompagnavo alla fermata dell'autobus per tornare a casa".
La nuova perizia sul corpo di Liliana Resinovich parla finalmente di omicidio a 3 anni dalla sua morte.
"Era ora che arrivassimo a questa conclusione! Noi sosteniamo l'ipotesi dell'omicidio da sempre. Da tre anni vivo in una confusione perenne di nomi e date, ma non ho mai avuto dubbi su questo. Meglio tardi che mai! Io e Sergio (il fratello di Liliana Resinovich n.d.r) non abbiamo mai smesso di lottare per ottenere questo riconoscimento".

Il marito, Sebastiano Visintin, sostiene che adesso debbano essere riascoltate tutte le persone che facevano parte della vita di Lilly. Lei sarebbe disposto a farsi riascoltare?
"Assolutamente! Io gli do ragione e sottoscrivo questa sua affermazione, ma devo aggiungere una condizione: io sono disponibilissimo a ripetere il mio racconto, così come le persone che erano vicine a Liliana, ma esigo che vengano ascoltati anche coloro che sono vicini a Sebastiano. Questo discorso deve valere per tutti, non solo per gli amici di Lilly. Ci sono persone che sono vicine a Visintin e altre che sono da lui protette, gente che non ha mai dovuto rispondere alle domande degli investigatori".
Cosa intende con "persone protette da Visintin"?
"Liliana non è stata uccisa da una persona sola e io sono del parere che quello che Sebastiano definisce ‘l'alibi perfetto' non sia in realtà così inattaccabile. Presenta diversi buchi temporali e incongruenze. Sostiene di aver ripreso il suo percorso in bici con una GoPro la mattina del 14 dicembre e quei video dovrebbero confermare il suo alibi, peccato che secondo quei filmati avrebbe dovuto percorrere 500 metri a 240 km/h in bicicletta! C'è chiaramente qualcosa che non torna".
"Nei filmati della sua GoPro, tra l'altro, si sente il rumore della portiera di un'auto che si chiude. La zona che lui dice di aver percorso quella mattina io la conosco come le mie tasche perché da giovane la percorrevo a piedi. Sono certo che non possa averci messo 13 secondi: è evidente che è stato accompagnato in auto da qualcuno, eppure nessuno all'epoca ha indagato oltre su questa cosa. In questo senso incolpo pubblicamente la Procura".

Cos'altro vorrebbe fosse fatto per risolvere il caso di Liliana?
"Io vorrei che venisse realizzata una commissione d'inchiesta. Probabilmente la chiederò io stesso come cittadino di questo Stato: intendo scrivere al Ministero della Giustizia, all'Istituto Superiore della magistratura, al Presidente della Repubblica, se necessario. Ritengo di poterlo fare perché pago le tasse da 70 anni e non ho mai smesso un giorno. Quando le indagini sono iniziate, gli investigatori hanno voluto parlare perfino con la mia ex moglie, dalla quale ho divorziato 30 anni fa e con le mie figlie. Perché questi approfondimenti non sono stati fatti su Sebastiano alla luce delle incongruenze nella sua versione della storia?"
"Qualcuno potrebbe dire che io non ho un alibi, ma non mi interessa averlo perché dal mio cellulare si capisce che io sono stato a casa ad aspettare Liliana per tutto il tempo e la mia auto è sempre rimasta nel parcheggio, la prova arriva dal mio Gps. Le telefonate che ho fatto per avere notizie di Lilly e i messaggi che le ho scritto parlano per me. Suo marito che scusa ha?"

Per Visintin invece lei ha qualcosa da nascondere, sostiene che lei fosse nel boschetto dell'ex Opp qualche giorno prima del ritrovamento di Lilly. Come risponde?
"Sono tutte fandonie. È vero, i giorni prima del ritrovamento ero lì con alcune persone che conoscevano Liliana per ripercorrere i luoghi che lei era solita frequentare. Mi avevano detto che una volta erano stati da quelle parti, a Trieste quel luogo si chiama ‘il boschetto delle fragole'. Non eravamo lì dove il corpo è stato trovato ma a diversi km di distanza. Non avevo certamente idea che lì ci fosse il cadavere di Lilly. Agli investigatori io ho solo citato i luoghi che Liliana frequentava, sono stati loro ad approfondire per le ricerche".
Quindi lei era lì perché stava ripercorrendo i luoghi in cui Liliana era solita andare?
"Esatto. Era stata al boschetto alcune volte per delle scampagnate, ma non c'è niente di strano in questo. Ripeto, io non ho niente da nascondere e tutto quello che ho detto è riportato nero su bianco nei faldoni delle indagini. Tutto il resto è puro rumore, si tratta di menzogne".
La vicenda molto probabilmente si sposterà in tribunale con il prosieguo degli accertamenti. Finiscono in un certo senso anche tre anni di "udienze" in Tv. Immagino che lei sia un po' stanco di questa vita, no?
"Non stanco, di più. Però spero che tutto quello che abbiamo fatto finora porti a qualcosa. Spero ci siano indagini minuziose e ricerche approfondite. Spero che il comportamento del marito di Liliana sia vagliato in ogni dettaglio. Mi auguro che qualcuno si chieda come mai il giorno dopo la scomparsa di Lilly lui fosse in giro senza il suo cellulare in tasca. Se sparisse mia moglie, io aspetterei con ansia una telefonata da parte di qualcuno che potrebbe averla trovata, no? Perché lui non si è comportato così e perché già parlava di suicidio? Aveva già sepolto Liliana e non c'era ancora un cadavere".