Liliana Resinovich, la nuova ipotesi: “Uccisa dopo la scomparsa: il corpo nascosto in un pozzo”
Sono ancora tanti i punti oscuri nella morte di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata morta il 5 gennaio successivo in un'area boschiva distante qualche centinaio di metri da casa. La Procura di Trieste ha chiesto che il caso venga archiviato, essendo giunta alla conclusione che si sia trattato di un suicidio, un'ipotesi alla quale però i famigliari della donna non hanno mai creduto, in particolare il fratello Sergio.
L'uomo è assistito dall'avvocato Nicodemo Gentile, presidente dell'Associazione Penelope, che come lui è convinto “sempre di più che non si tratti di suicidio” e che “la verità stenta di essere affermata. Per questo è stata affidata al professor Vittorio Fineschi dell’Università di Roma “La Sapienza” e il dottor Stefano D’Errico dell’Università degli Studi di Trieste, una consulenza tecnica tesa a riesaminare le risultanze dell’indagine.
Ai microfoni del programma tv "Chi l'ha visto?", in onda su Rai Tre, il professor Fineschi ha spiegato quali sono gli elementi dai quali bisogna ripartire per effettuare nuove indagini, in particolare le ecchimosi ritrovate sul corpo di Liliana, sul volto e sul capo.
L'autopsia avrebbe rivelato una contusione sul lato sinistro della testa che potrebbe essere stata provocata da un corpo contundente. Allo stesso tempo sulla mano destra della donna ci sarebbero delle escoriazioni, sul dorso, anche in questo caso compatibili con un ipotetico tentativo di difesa da un aggressore. Secondo Fineschi si tratta di "ferite documentate ma non interpretate".
Infine a suscitare dei dubbi è anche il giorno della morte che, secondo il professor Fineschi, non è chiaro, nemmeno dopo l'esame autoptico. Le ipotesi avanzate dai consulenti apparirebbero poco precise e non escluderebbero affatto che la morte sia avvenuta subito dopo la scomparsa. A supporto di ciò ci sarebbe numerosi elementi che porterebbero a ipotizzare che il corpo di Liliana sia stato conservato in un luogo molto freddo, con temperatura costanti, o addirittura congelato.
Un piede e una mano della 63enne presenterebbero infine caratteristiche tipiche di un processo di macerazione che avviene solo quando si è a contatto per un tempo prolungato con dell'acqua, come un pozzo semivuoto. Dopo la richiesta di archiviazione e i nuovi elementi che stanno emergendo, sarà compito del giudice per le indagini preliminari valutare se il caso sia da ritenersi chiuso o meno. “Entro fine mese presenteremo opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Trieste e chiederemo nuove indagini”, ha spiegato l'avvocato Nicodemo Gentile.