Liliana Resinovich, la lettera del marito Visintin: “Su di me voci infamanti per rendermi carnefice”
Sono trascorsi quasi sei mesi dalla scomparsa di Liliana Resinovich, la 63enne il cui cadavere è stato poi ritrovato nel parco dell'ex ospedale psichiatrico di Trieste il 5 gennaio scorso. Ancora oggi la sua morte è avvolta nel mistero e per il momento non esistono indagati. "A oggi – scrive il marito Sebastiano Visintin in una lettera pubblicata dalla redazione del quotidiano Il Piccolo – il mio dolore è più vivo che mai ed è alimentato dalla mancata conoscenza di cosa sia successo".
Gli inquirenti infatti brancolano nel buio. Il cadavere di Liliana è stato ritrovato avvolto in due sacchi neri della spazzatura, ma gli accertamenti non hanno evidenziato su di essi la presenza di impronte digitali appartenenti a terzi. Le indagini proseguono senza indagati: non ci sono evidenze contro il compagno, Sebastiano Visintin, o contro l'amico Claudio Sterpin. "Sono un uomo distrutto dalla sofferenza. Sono passato dalla gioia di un rapporto matrimoniale splendido alla tragedia di un evento inaspettato e terribile" ha scritto Visintin nella sua lettera alla redazione del quotidiano.
"Sono tante le domande che ancora non hanno trovato risposta – ha spiegato – e le fughe di notizie alimentano quotidianamente le congetture di chi vorrebbe sbattere me in prima pagina come la presunta causa di tutto. Per certi versi, è già così per l'opinione pubblica nazionale. Nonostante tutto, non sono preoccupato per me: queste voci stanno minando la figura di mia moglie". Secondo Visintin, le indiscrezioni che riguardano una presunta relazione extraconiugale con l'amico Claudio Sterpin avrebbero dovuto essere "confinate nel più signorile riserbo".
L'82enne, infatti, ha più volte dichiarato agli organi di stampa nazionali che Resinovich aveva intenzione di lasciare il compagno per iniziare una nuova convivenza con lui. Sterpin è infatti convinto che la 63enne non possa essersi suicidata. "Voleva chiudere il matrimonio con Visintin, ne avevamo parlato – ha spiegato in più occasioni al microfono della trasmissione Quarto Grado -. Liliana non si è tolta la vita perché non ne aveva alcuna intenzione. Ci siamo sentiti al telefono la mattina della sua scomparsa ed era tutto normale. Sono convinto che avesse con sé i cellulari quando è uscita da casa e che chiunque l'abbia uccisa li abbia poi riportati nel suo salotto".
Queste ultime convinzioni di Sterpin, però, si sono rivelate infondate. Secondo il contapassi di uno de due telefoni, la mattina del 14 dicembre la 63enne avrebbe fatto solo 11 passi. La distanza, stando agli accertamenti, equivale a quella tra la camera da letto dell'abitazione di Resinovich e la cucina. I cellulari della donna, quindi, non avrebbero mai lasciato quella casa, esattamente come ipotizzato dagli inquirenti fin dall'inizio delle indagini.
Sono però ancora tanti i punti oscuri della vicenda: i dispositivi elettronici della vittima, infatti, non sono stati analizzati per ben 5 mesi. I periti hanno preso in esame il contenuto dei due cellulari solo di recente. Al loro interno hanno trovato una fitta cronologia di ricerche internet sul divorzio e più di mille telefonate a Claudio Sterpin.
Su uno dei due cellulari, invece, risulta bloccato il numero dell'82enne. L'operazione sarebbe stata effettuata alle 21.30 della sera della scomparsa proprio da Visintin, che però non è riuscito a fornire una giustificazione al gesto. L'uomo sostiene che non vi fossero ombre nel suo matrimonio con la 63enne. "Eravamo una coppia come tante, ma eravamo felici – ha ribadito Visintin nella sua missiva -. Attendo con fiducia che le indagini possano concludersi e dare finalmente le risposte che cerchiamo".