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Liliana Resinovich, il mistero dei 50mila euro e tutti i possibili moventi di un presunto omicidio

Il movente economico, gli esami tossicologici e la versione di Claudio Sterpin: ecco perché Liliana Resinovich potrebbe essere stata uccisa.
A cura di Anna Vagli
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Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin (Facebook)
Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin (Facebook)
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Una vera e propria geografia familiare, fatta di accuse e smentite, connota la morte della povera Liliana Resinovich. L’ultima questione in ordine di tempo è la faccenda riguardante i cinquantamila euro che, secondo Claudio Sterpin, sarebbero stati alla base del presunto omicidio. Per queste ragioni, ho deciso di parlare dell’importanza del movente in un’indagine, degli esami tossicologici e della versione fornita dall’amico speciale di Liliana Resinovich. Precisando, però, che ancora aperta resta la pista del suicidio.

La questione del movente

In questo groviglio familiare di accuse ritengo verosimile, ragionando nel campo dell’ipotesi omicidiaria, il movente economico. Ma escludo il coinvolgimento del figlio di Sebastiano.

Credo che quelle mosse da Sergio siano maldestre deduzioni finalizzate a suggerire agli inquirenti di non lasciare niente di intentato. Oltre che essere strumentali a ribadire che Liliana mai avrebbe potuto uccidersi. Il periodo era sicuramente di cambiamento, ma non certamente foriero di uno stato depressivo.

Tuttavia, la Procura di Trieste sicuramente si è attiverà – e verosimilmente lo ha già fatto – per capire sia dove si trovasse Piergiorgio il giorno in cui Liliana è scomparsa sia i suoi eventuali spostamenti. Per quel che attiene la questione dei cinquantamila euro, invece, la Procura condurrà inevitabilmente accertamenti investigativi di tipo bancari,  inclusi quelli sui prelievi bancomat. Così come altri tipi di verifiche: se emergessero contatti per concordare un affitto di un’abitazione per non lasciare il marito in difficoltà dopo averlo lasciato– come raccontato da Claudio – sarebbe inconfutabile il dato per il quale Liliana avrebbe voluto andarsene. E proprio la volontà di continuare ad aiutare il marito rappresenterebbe un ulteriore elemento capace di rafforzare l’idea che la decisione di andare a vivere con Claudio era ormai inamovibile.

È necessario fare alcune precisazioni circa la questione del movente. Sicuramente cercare di comprendere le motivazioni che spingono un soggetto ad ucciderne un altro è uno degli aspetti più coinvolgimenti del mio mestiere. I motivi per cui si uccide sono i più disparati, ma c’è un elemento che accomuna tutti i casi di omicidio: uccidere costituisce, secondo il punto di vista dell’assassino, la sola modalità per risolvere un problema. Per questo motivo la decisione di uccidere è sempre una decisione lucida e razionale. Anche se mossa dall’emotività. Precisato ciò, c’è un altro principio di criminalistica che dovrebbe orientare l’operato degli investigatori: il c.d. Rasoio di Occam. Quest'ultimo suggerisce di prediligere – a parità di fattori – la soluzione più logica e razionale.

Dunque, in questo senso, la risposta potrebbe essere molto più semplice rispetto al presunto coinvolgimento di Piergiorgio Visintin. Sebastiano viveva con una pensione minima ed essere lasciato lo avrebbe esposto a seri guai economici. Al contrario, pensiamo a quali potevano essere i vantaggi, secondo il suo pensiero, derivanti da una morte procurata per mano propria in modalità ambigue nel totale convincimento dell’impunità.

Gli ultimi giorni di vita di Liliana

Sebastiano ha sempre negato di essere a conoscenza della presunta relazione con Claudio. Tuttavia, è difficile credere che, in un matrimonio che durava da ormai più di trent’anni, una moglie come Liliana non avesse in alcun modo manifestatogli la decisione di cambiare direzione e vita. Sicuramente non aveva rivelato tutto, ma stando il week-end con Claudio alle porte – fissato per l’esattezza quattro giorni prima della sparizione – , è verosimile ritenere che qualcosa avesse iniziato a paventare allo stesso Sebastiano. Ricordiamoci anche la questione della fede. Quest’ultima era indossata da Liliana la sera prima del tragico evento, come testimoniato dai video della cena, ma non è stata rinvenuta al dito quando è stata trovata cadavere.

L’importanza degli esami tossicologici e le risultanze medico-legali

Il ritrovamento del cadavere di Liliana è avvenuto in un lasso di tempo relativamente ampio. Dunque, le risultanze medico-legali forniranno un ventaglio temporale sull’epoca della morte, ma non l’orario esatto. Differente è invece il ragionamento sugli esami tossicologici. Quest’ultimi saranno in grado di fornire risposte certe. Soprattutto quelli condotti sui capelli. Difatti, se una sostanza da abuso (e/o un suo metabolita) è rilevabile solo per alcune ore nel sangue e per alcuni giorni nelle urine, nei capelli resta riscontrabile per mesi o, a seconda della lunghezza, anche per anni.

 La versione di Claudio Sterpin

Partiamo da un presupposto incontrovertibile. Per la morte di Liliana, ad oggi, risulta essere aperto un fascicolo per sequestro di persona a carico di ignoti.

In generale, quando si indaga bisognerebbe evitare di declinare le indagini al singolare. Dunque, se vogliamo ragionare in termini logico-deduttivi, non può sottacersi quanto segue. Nonostante, come già prospettato, la famiglia della Resinovich si sia trincerata senza indugio dalla parte di Claudio Sterpin, – uno sconosciuto fino al giorno della scomparsa -, non c’è alcun elemento oggettivo e concreto che avvalori i suoi racconti. Sua è la parola sulla relazione affettiva come sua è la parola sulla fine del matrimonio con Sebastiano.

Nessuno, però, sapeva niente di tutto ciò. Una circostanza difficile da contemplare. Né la figlia dello stesso Claudio né la migliore amica di Liliana. In questo senso, la Resinovich era sicuramente una donna che viveva in punta di piedi. Ma di fronte ad un simile cambiamento di vita – come quello paventato da Claudio – è difficile credere che non possa essersi confidata con qualcuno.

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