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Liliana Resinovich, il marito Sebastiano Visintin: “Scagionato dal Dna, ma non credo al suicidio”

Non crede all’ipotesi del suicidio Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich. L’uomo è stato scagionato dal Dna presente sul cordino di uno dei sacchi neri nei quali è stato trovato il cadavere di Liliana: le tracce biologiche non appartengono né a lui, né a all’amico Claudio Sterpin e neppure al vicino di casa Salvatore Nasti.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin (Facebook)
Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin (Facebook)
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Nonostante la Procura si sia ora allontanata dall'ipotesi dell'omicidio, Sebastiano Visintin, marito della 63enne Liliana Resinovich scomparsa il 14 dicembre scorso a Trieste e ritrovata morta il 5 gennaio, non crede comunque che la donna possa essersi tolta la vita. Le tracce di Dna su uno dei due sacchi neri nei quali era contenuto il corpo di Liliana non appartengono a lui e, di fatto, lo scagionano da qualunque accusa. Apparterrebbero infatti proprio alla vittima. Un solo segmento di Dna maschile è stato rilevato sul cordino, ma la comparazione con quello del marito, dell'amico Claudio Sterpin e del vicino di casa Salvatore Nasti ha dato esito negativo. Si pensa possa esserci un quarto uomo, ma per il momento gli inquirenti tornano a guardare al suicidio."Il bisogno di sapere la verità è forte, ma la realtà non sarebbe una consolazione. La mia compagna ormai non c'è più – spiega Visintin in un'intervista al Corriere della Sera -. Sono tranquillo, mi sono sottoposto all'esame del Dna con la massima disponibilità. Adesso aspetto risposte dalla Procura che continua a indagare".

Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visentin
Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visentin

Difficile, secondo Visintin, credere al suicidio. Neppure le azioni di Lilly sembravano condurre in quella direzione: la mattina della sua scomparsa aveva fatto una colazione abbondante, assumendo anche un multivitaminico, poi aveva riferito all'amico Sterpin che doveva recarsi in un negozio di telefonia  che però non ha mai raggiunto, incamminandosi da sola dal centro di Trieste all'ex Ospedale Psichiatrico. Qui è stato ritrovato il suo corpo almeno 3 settimane dopo la sua scomparsa. "Mi risulta difficile che si sia tolta la vita, è un gesto che non appartiene alla persona che ho amato per 32 anni. Gli elementi che ha la Procura portano in quella direzione. Mi sono chiesto cosa possa aver scatenato questa reazione ma non sono riuscito a trovare nulla. Liliana aveva alti e bassi come tutti. Ultimamente si era un po' irrigidita, pensavo non stesse bene e che non volesse dirmelo, ma la Tac dei medici ha escluso questa ipotesi" ha spiegato Visintin al quotidiano.

"Non mi capacito del fatto che Liliana possa aver pensato a un simile sistema per togliersi la vita, ci sono modi meno clamorosi per farla finita. Il Dna ha scagionato Sterpin e Nasti, lo so, accetto i risultati. Non ho alcuna intenzione di parlare con Sterpin però: credo che molte cose che ha detto su lui e su Liliana le abbia immaginate. Le sue sono esternazioni vergognose che nessuno avrebbe fatto visto che Liliana non può controbattere. Io ho scelto di non rispondere. Quando tutto sarà finito, forse ci sentiremo e chiariremo".

A stupire davvero Visintin, almeno secondo quanto da lui dichiarato, il comportamento del vicino di casa Salvatore Nasti che aveva definito strana la decisione di non denunciare subito la scomparsa di Lilly. "Io e lui eravamo grandi amici – spiega -. Lui e sua moglie sono spariti da dicembre e questo mi riempie di dolore". Il marito di Resinovich è stato il principale sospettato per mesi: ora, spiega, si aspetta delle scuse "da molte persone". "Sono almeno una decina le persone che hanno detto cose terribili su di me. So di aver amato mia moglie e di essere stato amato. Lei mi è stata vicina sempre e ci siamo divertiti molto. Adesso dalla Procura aspetto la verità, poi nient'altro"

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