Liliana Resinovich, il dna trovato sul cordino non appartiene né al marito né a Claudio Sterpin
Il dna trovato sul cordino che stringeva i sacchetti di nylon dove era infilata la testa di Liliana Resinovich non appartiene né al marito, Sebastiano Visintin, né all'amico Claudio Sterpin e né al vicino di casa, Salvatore Nasti. È quanto emerge dai primi risultati delle analisi effettuate dalla Scientifica nell'ambito delle indagini sulla morte della donna, scomparsa il 14 dicembre scorso a Trieste e poi trovata cadavere a inizio gennaio nel Parco di San Giovanni, non distante dalla casa in cui viveva proprio col marito Sebastiano. Come riferisce Il Corriere della Sera, la comparazione del materiale biologico estratto dal reperto con i codici genetici dei tre uomini (nessuno di loro è indagato), ai quali gli inquirenti avevano chiesto il dna per tentare di risolvere il giallo della morte della 63enne, ha dato esito negativo.
Nessuno dei tre, dunque, ha toccato quel cordino che potrebbe aver soffocato Liliana. Per cui gli inquirenti ritengono sempre più probabile che la soluzione del giallo sia ancora una volta quella del suicidio. Il corpo della donna era infatti stato rinvenuto in posizione fetale all’interno di due sacchi neri della spazzatura, aperti, uno infilato dalla testa, chiuso da un cordino, e l’altro dai piedi. Proprio sul cordino, oltre alle impronte di Liliana, era stato individuato anche un dna maschile, molto debole, che secondo gli investigatori avrebbe anche potuto trattarsi di una contaminazione. Ma per non lasciare nulla di irrisolto, hanno chiesto che quella traccia venisse comparata al dna dei tre uomini che più frequentavano la vittima, e cioè il marito Sebastiano Visintin, l'amico del cuore, l’ex maratoneta Claudio Sterpin, 82 anni, che aveva ripreso a frequentare Liliana dopo averla conosciuta quarant’anni fa e che con lei avrebbe dovuto incontrarsi la sera della scomparsa e il vicino di casa, Salvatore Nasti, carabiniere in pensione che frequentava Liliana e Sebastiano insieme con la moglie. Proseguono così le indagini nell'ambito dell'inchiesta della procura di Trieste, aperta con l’ipotesi di sequestro di persona contro ignoti.