Sembra ancora difficile identificare con certezza la causa che ha portato alla morte Liliana Resinovich. I giorni passano, le notizie si rincorrono e la Procura tenta di blindare le indagini. Eppure, in tutta questa storia, più di una tessera del puzzle non si incastra come dovrebbe. Contraddizioni, atteggiamenti ambigui, presunte relazioni extraconiugali si intrecciano. Ma non portano dietro di sé alcun indagato. Almeno ufficialmente.
Da un lato il marito di Liliana, Sebastiano Visintin. Un uomo che ha descritto sin da subito come simbiotico il rapporto con la moglie, ma poi ha effettuato una denuncia per allontanamento volontario e non per scomparsa. Denuncia peraltro presentata soltanto in tarda serata e dietro sollecitazione dei vicini di casa. Dall’altro Claudio Sterpin, l’amico speciale che con Liliana aveva appuntamento proprio la mattina del 14 dicembre. Una relazione affettuosa che avrebbe portato la donna, stando ai racconti dell’uomo, a condividere con lui il resto della vita. E anche Claudio, come Sebastiano, si è sottoposto al prelievo genetico.
Per questa ragione voglio fare con voi alcuni passi avanti sia in ordine alle risultanze autoptiche sia rispetto ai tre risultati possibili di cui abbiamo parlato qualche giorno fa. E voglio farlo ricorrendo alle motivazioni della logica. Oltre a quelle della scienza.
Il Dna isolato sul cordino è utilizzabile?
L’informazione che circola è quella per la quale il Dna repertato sul cordino sia degradato o parziale. Ma potrebbe non essere un dato dirimente per due motivazioni.
La prima motivazione è che in laboratorio su quella traccia è stata riscontrata l’amelogenina, che è il gene del sesso. Così è venuto fuori il cromosoma y, che identifica il sesso maschile. E quindi si è potuto stabilire che il Dna isolato appartiene ad un uomo.
La seconda motivazione, che è corollario della prima, la ricaviamo dalla risposta a una domanda specifica. Quello rinvenuto sul cordino è un profilo utilizzabile? Verosimilmente sì perché, anche nell’ipotesi in cui il Dna fosse degradato o parziale, cioè mancante di qualche allele (in biologia quest'ultimo indica i due o più stati alternativi di un gene che occupano la stessa posizione su cromosomi omologhi e che controllano variazioni dello stesso carattere), significa che ne possiede comunque un numero sufficiente per condurre un’attività di esclusione con quelli che compongono il profilo di Sebastiano e il profilo di Claudio (oltre a quelli di altri soggetti eventualmente prelevati). Non dimentichiamocelo, infatti, che entrambi sono stati sottoposti al test del Dna. Chiaramente per un motivo ben preciso.
Come è morta Liliana Resinovich?
L’autopsia, secondo quanto emerso, ha individuato come causa di morte lo scompenso cardiaco acuto, ma senza evidenziare segni di insufficienza respiratoria. Eppure, le modalità con le quali è stato rinvenuto il cadavere – con il capo imbucato in due sacchi di nylon – hanno fatto pensare a una morte per soffocamento. Quindi provocata da una grave insufficienza respiratoria. Ma la mancanza di ossigenazione è innescata da una serie di processi che devono essere inevitabilmente rilevati in sede autoptica anche a distanza di tempo.
E in questo senso è davvero inverosimile pensare che Lilli abbia avuto un attacco di cuore nell’esatto momento in cui si è messa i sacchetti in testa senza lasciare il tempo che si verificasse il soffocamento. Ovviamente bisognerà anche attendere le analisi sul contenuto della bottiglietta per capire che cosa sia stato alla base dello scompenso cardiaco, ma il panorama non è così inconfutabilmente delineato come si vuole fare credere. L’attesa è per i tossicologici, ma anche per i risconti sui tablet.