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Covid 19

Lettera di un’infermiera: “Noi chiamati a sforzi a disumani: una mia collega è morta di Covid”

La lettera di un’infermiera a Fanpage: “Una mia collega è deceduta a causa del Covid trasmesso da pazienti positivi, per la mancanza di adeguati dispositivi di protezione individuali. Siamo chiamati a sforzi disumani e lavoriamo in condizioni lesive della sicurezza nostra e dei pazienti. Chiediamo solo di lavorare in sicurezza”.
A cura di Redazione
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Per la ‘Posta dei lettori', la lettera di un'infermiera impegnata in una struttura di assistenza per anziani:

Voglio condividere la mia esperienza personale. Io sono un’infermiera della azienda di Servizi alla Persona Golgi Redaelli  (Struttura di Assistenza e Cura Anziani), di Abbiategrasso (Milano), lavoro in reparto in cui sono ricoverati circa 20 pazienti che necessitano di alta intensità di cure, ai quali si sono aggiunti i casi positivi al COVID-19. Nel mio reparto ci sono 12 operatori sanitari (infermieri, OSS e medici) in malattia e, ancor più grave, una mia collega è deceduta a causa del COVID trasmesso da pazienti positivi, per la mancanza di adeguati dispositivi di protezione individuali (DPI) che fino a è pochi giorni fa mancavano completamente. Il personale non c’è e i pochi che restano sono chiamati a sforzi disumani. Personalmente da diverse settimane ormai capita spesso che mi trovi in reparto sola a dovermi occupare di tutti i pazienti e svolgere sia le attività infermieristiche sia compiti normalmente svolti dagli OSS: igiene dei pazienti, rifacimento dei letti, dispensa dei pasti, imboccare chi non è in grado di mangiare in autonomia, ecc. In queste condizioni a volte devo “tappare le orecchie” a tutte le richieste che gli assistiti fanno perché il tempo non basta per svolgere sola tutte le attività che normalmente sarebbero svolte da una squadra di 2 infermieri e 4 operatori OSS. Ho rinunciato alle ferie e ho saltato numerosi giorni di riposo per soddisfar queste gravi carenze e lavorando per il bene dei miei pazienti nonostante il rischio altissimo.

La motivazione di questa lettera è dettata dalle gravi criticità e difficoltà organizzative che il personale dell’quotidianamente affronta in un quadro complessivo di carenza di personale ormai insostenibile. Preme subito evidenziare che solo grazie allo spirito di servizio e alla disponibilità del personale infermieristico e degli operatori socio-sanitari (OSS), finora è stato possibile garantire l’assistenza ai pazienti pur con organico gravemente insufficiente. La carenza di personale rende estremamente difficoltosa la programmazione dei turni di lavoro e, alle spesso comporta la chiamata in servizio del personale nei giorni di riposo. Di conseguenza, gli infermieri oberati da eccessivi carichi di lavoro operano in condizioni difficili con turni che, talvolta, non garantisco l’adeguato recupero psicofisico con riposi inadeguati e situazioni lesive dei loro diritti. La grave carenza di OSS fa aumentare in modo estremamente rischioso il carico di lavoro (già di per sé elevato) del personale infermieristico, che viene distolto dalle proprie attività in questo si trova a dover svolgere anche le mansioni normalmente incaricate al personale OSS. Va sottolineato che non si tratta di realtà isolate ma di un sistema ripetuto, in cui la mole di lavoro a cui deve far fronte un infermiere fa si che venga allontanato dalle sue normali attività che vengono quindi rallentate con ripercussioni sulla qualità del servizio assistenziale per tutti i degenti in cura nella struttura ospedaliera.

Ricordando che il demansionamento è vietato e non è ammesso neppure di fatto, e poiché demansionare significa cagionare un danno alla professionalità l’infermiere è immediatamente risarcibile. Quindi, va evidenziato che questa situazione mette tutti i giorni a dura prova la resistenza degli infermieri e del personale OSS generando un grave rischio per la salute degli stessi e dei pazienti ricoverati ed un inevitabile calo della qualità del servizio ospedaliero. Infine, bisognerebbe sempre ricordare e sottolineare che gran parte del funzionamento del Sistema Sanitario viene retto dagli infermieri e dagli OSS, che ogni giorno e ogni notte spendono la propria vita per la sicurezza e la salute dei pazienti. Eppure, nessuno ci ascolta, nessuno si preoccupa della nostra salute fisica e psicologica.  Il personale sanitario chiede aiuto, chiede solo di poter lavorare nel modo giusto: in sicurezza con numeri di personale adeguati, con i corretti dispositivi di protezione e garantendo il giusto livello di qualità per tutti i pazienti.

La replica del direttore generale Asp Golgi-Redaelli

Gentile Direttore,
con riferimento all’articolo online pubblicato su Fanpage sabato 27 marzo dal titolo “Lettera di un’infermiera: ‘Noi chiamati a sforzi a disumani: una mia collega è morta di Covid’”, vorrei precisare quanto segue.

Per chiarezza, i suoi lettori devono sapere che l’Azienda di Servizi alla Persona (ASP) Golgi-Redaelli è formata da tre distinti Istituti geriatrici operanti nelle sedi di Milano, Vimodrone e Abbiategrasso. La lavoratrice deceduta per Coronavirus citata nell’anonima segnalazione, l’operatrice sociosanitaria Rosaria Di Fabio, 58 anni, lavorava nella sede di Milano e non di Abbiategrasso. Si tratta di un decesso che ci addolora, perché è scomparsa una collaboratrice impareggiabile che, nonostante i suoi problemi di salute, non si è mai risparmiata con i nostri anziani. A Rosaria non avevamo chiesto di svolgere attività che la mettessero a rischio ma il lavoro ordinario che prevede anche contatti – con tutte le cautele del caso e con i dispositivi di sicurezza previsti –, con soggetti asintomatici. Tale grave accadimento, comunque, sta seguendo l’iter di legge per i fatti che configurano l’ipotesi di infortunio sul lavoro da causa virulenta.

Alla luce di ciò, risulta stupefacente come possa, ovviamente in forma anonima, una sedicente infermiera del Golgi di Abbiategrasso affermare che il drammatico occorso sia da imputare alla mancanza di mascherine: la sua buona fede è molto dubbia! Similmente, va respinta all’anonima mittente la fantasiosa e molto allarmante descrizione delle insostenibili condizioni di servizio e, quindi, della qualità dell’assistenza presso l’Istituto per carenza di personale. Infatti, l’affermazione disfattista di una carenza storica di personale e di conseguenti disservizi si scontra, in maniera stridente, con il noto sovradimensionamento della dotazione organica di Abbiategrasso che rende ragione di un minutaggio assistenziale, offerto agli ospiti, nettamente superiore ai limiti richiesti per l’accreditamento Regionale. Tale super minutaggio, assieme all’alta professionalità degli operatori, concorre a rendere il Golgi di Abbiategrasso un’eccellenza e un’avanguardia nel campo geriatrico, riabilitativo e della cura dell’Alzheimer.

È senz’altro vero che oggi, in piena emergenza mondiale da pandemia Covid-19, dobbiamo fare i conti con un cospicuo numero di assenze lavorative per malattia – di cui, per legge, non ci è dato di conoscere la diagnosi –, ma non risulta che ciò, al di là del maggiore carico lavorativo encomiabilmente sopportato dagli operatori in servizio, abbia generato i disservizi, i demansionamenti e le altre aberranti situazioni elencate dall’anonima infermiera. Comunque, l’Azienda ha inteso sopperire a questa sopraggiunta reale difficoltà ricorrendo al reclutamento di ulteriore personale per coprire le assenze e anche per ridurre il burnout degli operatori sanitari. Insomma, deprecando l’azione compiuta dall’anonima infermiera, perché capace solo di procurare allarme ingiustificato su basi non vere, vogliamo rassicurare gli ospiti, le loro famiglie i loro affetti che, pur nella comprensibile complessità delle attuali vicende e con qualche inevitabile disagio di tutti, continuiamo a garantire il massimo di assistenza e tutela dei nostri ospiti nella sicurezza dei nostri collaboratori.

Cordiali saluti.

Dottor Enzo Lucchini

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