Lettera di un figlio al papà morto per Coronavirus: “Non eri sacrificabile, eri una risorsa per noi”
La Bergamasca è ormai da giorni il nuovo epicentro dei contagi da Coronavirus. Con quasi tremila casi sugli oltre 11mila registrati nella sola Lombardia e centinaia di morti il territorio bergamasco è quello più martoriato dal virus: le salme hanno saturato le camere mortuarie degli ospedali bergamaschi, tanto che il Comune ha dovuto utilizzare la chiesa del cimitero, dove si registra una sepoltura ogni 30 minuti. Tra le tante vittime da Coronavirus della Bergamasca c'è Mario, un uomo di 70 anni deceduto all'ospedale di Ponte San Pietro. Il figlio Massimo ha voluto scrivere una lettera al quotidiano locale "L'Eco di Bergamo" per ricordare il padre, che "se n’è andato come molti bergamaschi, come molti italiani in questi giorni".
Era un settantenne in forma, si è ammalato nel momento peggiore
Il figlio descrive il padre come un "settantenne in forma", che "portava i suoi nipoti ovunque", "era un punto di riferimento per mia madre" e "sapeva aggiustare di tutto in casa". "Si è ammalato dopo 10 anni senza una febbre", scrive il figlio e lo ha fatto "nel momento peggiore. Nel momento in cui per poter essere portato in ospedale devi essere per forza già grave. Nel momento per cui se sei grave hai bisogno di una terapia intensiva che non è disponibile. Nel momento in cui se è disponibile una terapia intensiva viene data priorità ad una persona meno sacrificabile, più giovane". Questa della scelta che i medici sarebbero costretti a fare in alcune strutture ospedaliere lombarde è uno dei temi più dibattuti in questi giorni di emergenza Coronavirus: finora l'assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera ha negato che sia così, anche se sia lui sia il governatore Attilio Fontana hanno sottolineato come sia ormai vicino il punto in cui "finiranno i letti in Rianimazione".
Il figlio di Mario: Tu non eri sacrificabile
Eppure, secondo il figlio di Mario, all'ospedale di Ponte San Pietro la situazione è già questa. Lo scrive senza rancore, Massimo, che anzi nella sua lettera ha ringraziato "tutto il personale sanitario, medici e infermieri, dell’ospedale di Ponte San Pietro che hanno assistito il nostro papà al meglio possibile e che in questi giorni si trovano costretti a dover scegliere con dolore e in lacrime chi tentare di salvare e chi no" e tutte le infermiere "che pur nella difficoltà, nella confusione e nella stanchezza hanno trovato due minuti per appoggiare la cornetta, per portare il nostro saluto e il nostro affetto a papà e poi tornare a dirci che aveva capito", perché come avviene per altri malati in condizioni critiche i famigliari non possono assisterli, per il rischio di essere a loro volta contagiati. "Tu non eri sacrificabile, eri una risorsa per ben tre famiglie", ha scritto il figlio del signor Mario, che ha poi voluto rivolgere un ultimo pensiero "a tutte quelle persone che come noi hanno perso un caro che non era sacrificabile".