L’epidemia di Covid-19 sta rallentando, ma ci sono ancora dieci regioni ad alto rischio
L'epidemia di Coronavirus rallenta in Italia ma non è ancora il momento di abbassare la guardia, perché che ci sono ancora 10 regioni classificate ad alto rischio di trasmissione di Sars-CoV-2. E' quanto emerge dall'ultimo report di monitoraggio elaborato dall'Istituto superiore di Sanità e dal Ministero della Salute relativo alla settimana compresa tra il 16 e il 22 novembre. A testimonianza di ciò, c'è anche l'indice Rt, cioè l'indice di trasmissibilità del virus, che è in calo su base a nazionale a quota 1,08, rispetto all'1,18 della settimana precedente, e con 10 regioni al di sotto della soglia di guardia di 1. La pandemia, si legge nel documento, "seppur intensificandosi per gravità a causa di un aumentato impatto sui servizi assistenziali, mostra una riduzione nella trasmissibilità rispetto alla settimana precedente e questo è un segnale di impatto importante delle misure di mitigazione introdotte, e nella maggior parte del territorio "è compatibile con uno scenario di tipo 1, in miglioramento rispetto a quello della settimana precedente".
L'elenco delle regioni a rischio
Tuttavia, alcuni territori sono ancora ad alto rischio. Si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, provincia autonoma di Bolzano, Puglia, Sardegna e Toscana, cui si aggiunge la Calabria, giudicata "non valutabile" e quindi equiparata a rischio alto. Di queste 10, nove sono state classificate a rischio Alto e/o equiparate a rischio Alto per 3 o più settimane consecutive, questo prevede specifiche misure da adottare a livello provinciale e regionale in base al documento "Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale". Delle 10 Regioni a rischio alto o ad esso equiparate, 5 presentano una trasmissibilità calcolata al 4 novembre compatibile con uno scenario di trasmissione 2 e le 5 restanti hanno uno scenario di tipo 1 tranne in un caso in cui tale classificazione non è considerata affidabile per incompletezza dei dati. Le rimanenti Regioni/PA sono classificate a rischio moderato di cui 7 con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese e presentano una trasmissibilità calcolata al 4 novembre compatibile con uno scenario di trasmissione 2 in due di queste e con uno scenario di tipo 1 per la rimanente. Ne conseguo che, "data la trasmissibilità e la probabilità elevata di un imminente passaggio alla classificazione di rischio alto, sottolinea il report, si raccomanda alle autorità sanitarie delle 7 Regioni e province autonome con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese di valutare la opportunità di adottare, anche a livello sub-regionale, ulteriori misure di mitigazione".
Occupazioni posti in terapia intensiva e incidenza
I tecnici hanno, inoltre, osservato per la prima volta da molte settimane una diminuzione nell’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti a livello nazionale. Tra il 9 e il 22 novembre i casi per 100mila abitanti sono stati 706,27 contro i 732,6 registrati tra il 9 e il 22 novembre. Per quanto riguarda l'occupazione dei posti letto in terapia intensiva e nei reparti internistici, le cui soglie d'allarme sono rispettivamente del 30 e del 40%, ecco la situazione secondo i dati raccolti il 24 di novembre: Abruzzo 39% occupazione delle terapie intensive e 50% dei reparti internistici, Basilicata 21 e 36%, Calabria 28 e 50%, Campania 34 e 43%, Emilia 34 e 49%, Friuli 31 e 44%, Lazio 37 e 52%, Liguria 53 e 63%, Lombardia 64 e 53%, Marche 46 e 47%, Piemonte 64 e 88%, Provincia Bolzano 52 e 100%, Provincia Trento 47 e 72%, Puglia 45 e 45%, Sardegna 40 e 34%, Sicilia 29 e 38%, Toscana 48 e 35%, Umbria 55 e 51%, Val d'Aosta 38 e 68%, Veneto 30 e 39%. Per tutte queste ragioni, nel documento si conferma la necessità di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone. "È fondamentale – si legge ancora – che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile".