Avvelenata con le penne al salmone dal figlio, la mamma di Leon Asoli: “Vivo a fatica grazie ai farmaci”
Suo figlio dovrà scontare 30 anni di carcere, ma la scelta di non ricorrere in Cassazione è solo un leggero sollievo per Monica Marchioni, la donna che lo scorso 15 aprile 2021 ha rischiato di morire dopo essere stata avvelenata con un piatto di penne al salmone dal figlio Alessandro Leon Asoli. Quella sera, però, morì il suo compagno Loreno Grimandi, l'uomo che aveva cresciuto Alessandro come un figlio. Marchioni si salvò perché mise da parte il piatto dopo aver sentito il sapore salato delle penne avvelenate cucinate dal figlio, ma per riprendersi ha dovuto affrontare un lungo periodo in ospedale, la riabilitazione e la psicoterapia. In un'intervista al Corriere della Sera, la donna ha raccontato di non essersi ancora ripresa da quanto successo, ma di aver fatto molti passi avanti.
Dopo aver rinnegato per lungo tempo il figlio, ha aperto una strada al perdono dopo che il giovane ha confessato quanto fatto davanti ai giudici, annunciando di voler affrontare un percorso familiare in carcere nonostante la condanna a 30 anni di galera per il tentato omicidio della madre e per la morte del patrigno. "Non ho ancora avuto un cenno da lui" ha raccontato la donna, che ha specificato di non averlo più incontrato dal giorno dell'arresto. "Mi fa piacere che possa ravvedersi, non posso sapere se davvero intende cambiare. Per adesso non ho ricevuto alcun cenno da lui ma si vedrà. Per me è difficile pensare di perdonare perché la mia vita è stata devastata, è diventata una fatica affrontare le giornate, per me il dolore è troppo forte".
Durante il processo, la donna ha dovuto difendersi dalle accuse del suo unico figlio che sosteneva di essere innocente e che la madre avesse messo in piedi una messinscena per uccidere il compagno e poi suicidarsi.
"Ho dovuto affrontare troppe cose durante quel processo in cui sono stata dipinta come anaffettiva, malvagia e assassina. Non mi sono ripresa da quelle menzogne, sembrava che il processo fosse l'occasione di uccidermi ancora. Sono contenta che stia cambiando, affrontare un altro grado di giudizio sarebbe stato terribile per me oltre che un esborso di tempo ed energie. Purtroppo hanno pensato di far del male a me durante il primo processo e io sto ancora pagando per quelle ferite. Oggi faccio fatica a sopravvivere, vado avanti grazie alle cure e agli psicofarmaci. Sicuramente la sua scelta di non andare ancora avanti è una scelta saggia".
Secondo il difensore del 20enne, cambiato in corsa durante il processo, il giovane chiederà presto di incontrare la madre che però non sa cosa risponderà. "Non so nulla di lui ora. Non so se ha bisogno di cure, se le sta affrontando. Credo che sia un punto di partenza e che faccia bene soprattutto a lui, che faccia un percorso sincero. Per adesso però il dolore è ancora troppo forte".