Leila Janah è morta per un epitelioma, di pirandelliana memoria. Il tumore non le ha lasciato scampo nonostante la giovinezza dei suoi 37 anni ed è lecito domandarsi se saremo capaci di tenere viva la sua lezione in questo tempo in cui l'imprenditoria, il fatturato e il successo sono un mondo popolato da squali mentre Leila ha provato per tutta la vita a porre la giustizia come timone del suo essere imprenditrice. E ci è riuscita, per giunta.
Leila Janah è nata il 9 ottobre del 1982 a Lewinston, New York, non lontano dalle famose cascata di Niagara. Non ha avuto un'infanzia facile: la sua famiglia era estremamente povera e questa esperienza ha segnato la sua vita. Già alle scuole medie, nonostante le difficoltà famigliari ha iniziato a fare volontariato e durante gli anni dell'università in California era volata in Ghana per un programma di insegnamento a bambini non vedenti. Raccontava sempre che avere vissuto le zone più povere del mondo è sempre stata fonte di ispirazione. Così quando decide di aprire la sua azienda, era il 2008 e Leila aveva lavorato in una società di consulenza e alla Banca Mondiale, scelse fin da subito che la sua attività avrebbe dovuto portare sollievo al maggior numero di persone in giro per il mondo. Rispondere all'etica oltre che ai bilanci: sembra una rivoluzione eppure per Leila era normale, doveroso.
Capì da subito che per aiutare le persone in difficoltà non bastano gli aiuti ma servono le opportunità e così decide di collaborare per il suo business (attività prevalentemente tecnologiche) con dipendenti che sono lavoratori a basso reddito in Paesi in via di sviluppo. Arriva a impiegarne 11.000 aiutando circa 50.000 persone. Ma non si ferma qui: crea progetti per l'assistenza medica a donne e bambini e nel 2015 fonda un'altra società, la LXMI, che produce cosmetici e prodotti per la bellezza impiegando migliaia di persone in Uganda, Benin e in India. Nel suo libro Give Work scrisse: "Credo che la più grande sfida dei prossimi 50 anni sarà quella di creare un lavoro dignitoso per tutti non attraverso distribuzioni di beni e beneficenza, ma attraverso il mercato del lavoro".
Di Leila però non rimangono le parole, no: rimangono le sue aziende lì a testimoniare che ciò che professava è riuscito a farlo. E sono preziose le persone che sognano progettando. Preziosissime.