Legato e soffocato in un esorcismo, al 112 aveva detto: “Se mi accade qualcosa sapete chi è stato”

Sapeva di essere nel mirino dei parenti che lo ritenevano un pericolo e per questo temeva di essere ucciso Khalid Lakhrouti, il 43enne morto soffocato durate un esorcismo a cui era stato sottoposto dai familiari nel Torinese. È quanto emerge dall’inchiesta che ha portato all’arresto del fratello, della moglie e dello zio dell’uomo, quest’ultimo considerato l’ispiratore dell’esorcismo in quanto imam della comunità islamica di Cuorgnè. “Se mi succede qualcosa di brutto sapete chi è stato” aveva detto infatti il 43enne in una precedente telefonata al 112 in cui raccontava gli esorcismi a cui veniva sottoposto dai parenti.
Lakhrouti, trovato morto a Salassa il 10 febbraio scorso, infatti era stato già rinvenuto privo di sensi nel gennaio scorso, sempre in casa sua, e portato in ospedale. A chiamare i soccorsi erano stati i vicini, che sentivano richieste di aiuto, e l’uomo venne trovato svenuto. Dopo le cure e le dimissioni, il 43enne aveva chiamato le forze dell’ordine per raccontare che il malore in casa non era casuale ma era frutto di un rito di esorcismo a cui era stato sottoposto.

Secondo l’inchiesta dei carabinieri di Cuorgnè, coordinata dalla procura di Ivrea, la vittima sarebbe stata sottoposta a rito di purificazione in almeno quattro occasioni dall’inizio dell’anno tra cui l’ultima nella sera del 10 febbraio che si è trasformata in tragedia.
A chiamare i soccorsi erano stati gli stessi parenti che avevano ipotizzato una overdose, parlando della sua dipendenza dalla droga. In realtà, come ha stabilito l’autopsia, Khalid Lakhrouti è morto per soffocamento mentre gli premevano qualcosa sulla faccia dopo averlo legato mani e piedi. Inoltre nel sangue non c’era traccia di droga.
A indirizzare gli investigatori verso la tesi dell’omicidio sono stati un bottone con la scritta “Guess” trovato nella gola della vittima, probabilmente staccato con un morso quando durante il rito gli hanno premuto sul viso dei vestiti, probabilmente una camicia poi sequestrata. I precedenti racconti dello stesso 43enne e le intercettazioni, hanno portato all’arresto in carcere per fratello e zio imam e ai domiciliari per la moglie, che lo aveva già lasciato e che deve occuparsi dei loro figlioletti.
I tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia e si dicono provati per l’accaduto. Gli inquirenti però ritengono che sapessero bene la dinamica dei fatti e abbiano mentito. “Khalid aveva il diavolo dentro. L’ho percepito quando l’ho incontrato. Abbiamo dovuto liberarlo dallo spirito del male” avrebbe detto l’imam di Cuorgnè in una conversazione intercettata, confermando che più volte era stato chiamato in casa per i riti di esorcismo sull’uomo.