Lecce, il killer di Daniele ed Eleonora: “Non mi hanno mai trattato male ma provavo fastidio”
“Non sono mai stato trattato male ma durante la permanenza nell'abitazione mi aveva dato fastidio qualcosa. Ho provato e accumulato tanta rabbia che poi è esplosa. La mia rabbia, forse, era dovuta all'invidia che provavo per la loro relazione", è quanto ha raccontato davanti ai magistrati che lo interrogavano Antonio De Marco, il killer ventunenne di Daniele De Santis ed Eleonora Manta. “Altre volte ho sofferto di momenti di rabbia. Non avendo molti amici e per il fatto che trascorro molto tempo in casa da solo mi sono sentito molto triste” ha aggiunto lo studente di Scienze infermieristiche confessando di aver ucciso i due fidanzati nella loro casa di Lecce la sera del 21 settembre scorso.
"Ho ucciso prima lei e poi ho colpito nuovamente Daniele"
“Sono entrato in casa con le chiavi. Ne avevo una copia che avevo fatto prima di lasciare l'abitazione presa in affitto da novembre fino al lockdown. Sono andato a trovare Daniele ed Eleonora convinto di trovare entrambi. Quando sono entrato in casa i due erano seduti in cucina", ha raccontato ancora De Marco ricostruendo il delitto , proseguendo: “Ho incontrato Daniele nel corridoio il quale si è spaventato perché avevo il passamontagna. Dopo aver avuto una colluttazione con lui li ho uccisi. Quando ho colpito lui ha cercato di aprire la porta per scappare. Ho ucciso prima lei e poi ho colpito nuovamente Daniele. Il passamontagna mi è stato sfilato da Daniele il quale poi mi ha riconosciuto. Ho sentito gridare "Andrea". Loro non hanno mai pronunciato il mio nome. Dopo aver lottato con loro sono andato via senza scappare perché non avevo fiato. Dopo aver compiuto il gesto sono tornato a casa mia sita in via Fleming e ho dormito fino alla mattina successiva”.
De Marco voleva lasciare messaggio sul muro col sangue delle vittime
“Ho scritto solo due giorni prima i biglietti", ha sostenuto poi De Marco ma secondo il gip di Lecce, Michele Toriello, quello die due fidanzati di Lecce si tratta in realtà di "un duplice efferato omicidio lucidamente pianificato e perpetrato con eccezionale crudeltà, senza peraltro alcuna alcun serio motivo scatenante, con l'uso di un'arma micidiale e con la progettazione di un ulteriore e raggelante corredo di condotte crudeli ed atroci come la preventiva tortura delle vittime” come emerge dai bigliettini ritrovati dagli inquirenti . Nell'atto di convalida del fermo di Antonio De Marco, il giudice evidenzia che l'assassino aveva in mente di suggellare il suo gesto con un macabro messaggio da scrivere sul muro con "il sangue delle vittime, non avendo il De Marco portato con sé alcuna bomboletta di vernice".