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Le storie degli italiani senza cittadinanza

Saad e Abdul sono due ragazzi che vivono da sempre in Italia. In Italia hanno studiato e adesso in Italia lavorano e pagano le tasse, ma non sono cittadini italiani, per il semplice motivo che non sono nati in Italia.
A cura di Sacha Biazzo
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"Gentile, Mi rivolgo a Lei per portare a Sua conoscenza una situazione che mi riguarda personalmente […]".

Inizia così la lettera di Saad Tarazi, che ha inviato a Fanpage.it per raccontare la sua storia, la storia di uno dei tanti italiani che vivono, studiano, lavorano in Italia, ma non hanno la cittadinanza italiana. Per questo non abbiamo voluto che questa lettera rimanesse inascoltata, come le tante lettere che Saad ha inviato in questi anni.

Saad è nato in Palestina nella Striscia di Gaza, dove ha vissuto la prima e la seconda Intifada, ma a quella terra non lo lega più molto, perché dal 2004 si è trasferito in Italia inseguendo la sua passione per i metalli preziosi. Ha studiato all’università Bicocca di Milano, e ha conseguito un master a Torino. Nel suo mestiere è più che qualificato, tant’è che non è stato difficile per lui trovare un posto di lavoro nel settore orafo presso un’importante azienda svizzera, ma quando già era pronto per iniziare a lavorare da frontaliero, è arrivata una triste notizia.

Nel 2008 Saad è stato riconosciuto dallo Stato italiano rifugiato politico, ma questo status è incompatibile con la normativa dell’Ufficio svizzero di immigrazione, e per questo non può attraversare il confine. Questa, però, è solo l’ultima delle tante sventure a cui è andato incontro da quando vive in Italia, lontano dalla sua famiglia che, invece, vive in Australia. Infatti, proprio in Australia aveva trovato un’altra possibilità di lavoro ed aveva chiesto il visto per poter prendere l’aereo e, magari, incontrare anche sua madre che è gravemente ammalata e non vede da quasi 10 anni. Ma l’ambasciata australiana gli ha negato il visto e a nulla sono servite le interpellanze del sindaco di Lissone (il comune dove Saad risiede), rivolte al Presidente della Repubblica affinché potesse intercedere per porre fine a questa situazione.

«Sono bloccato qui, in Italia» – ci dice, esattamente come Abdul El Aidi, un altro ragazzo, che di mestiere crea calze, collant per donne in un’azienda del nord Italia e Marrakech, la città in cui è nato, l’ha vista solo di sfuggita. Abdul ha 25 anni e da quando aveva 2 anni vive in Italia. Ha un lavoro e un amore, ma anche la sua è una storia di diritti negati. Il viaggio d’estate con la ragazza che non ha potuto fare, la petizione che avrebbe voluto firmare, la lista non ha fine e non hanno fine neanche le storie come queste, fatte di interminabili attese di fronte alle ambasciate per rinnovare i permessi, le attese di risposta per un rincorso, una richiesta, un visto. Vite quasi sospese tra due paesi, nella paura di essere rispediti a casa, in una terra con la quale si condivide poco, visto che per “casa” oramai si intende l’Italia.

Oggi, 2 giugno, è la Festa della Repubblica Italiana, in questo giorno si celebra la nascita della nazione. Saad e Abdul, però, a questa festa è come se non fossero stati invitati.

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