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Le motivazioni della sentenza sullo stupro di Palermo: “Vittima totalmente inerme, video disturbanti”

Sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa lo scorso novembre per gli autori dello stupro di gruppo di Palermo. I giudici negano decisamente il rapporto consensuale: “Quelle che a uno sguardo superficiale e cinico possono apparire squallide immagini pornografiche sono sequenze che hanno immortalato lo stupro di una vittima totalmente inerme”.
A cura di Susanna Picone
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"Video crudi e disturbanti": di questo parlano i giudici che lo scorso novembre hanno condannato sei dei sette responsabili dello stupro di gruppo di Palermo ai danni di una 19enne violentata due anni fa in un cantiere abbandonato del Foro Italico (l’unico imputato minorenne all’epoca dei fatti ha affrontato un altro processo ed è stato condannato a 8 anni e 8 mesi).

Nelle motivazioni della sentenza appena depositate si parla di una "vittima totalmente inerme", i giudici dicono che "quelle che ad uno sguardo superficiale e cinico possono apparire squallide immagini pornografiche, sono invece, sequenze che hanno immortalato lo stupro di una vittima, in quei frangenti, totalmente inerme".

La ragazza "appare alla stregua di un oggetto inanimato, una cosa senza vita che si muove meccanicamente ed emette gemiti lamentosi e inconsapevoli. A tal proposito, – si legge nelle motivazioni – considerata anche l'attenzione riservata al particolare nell'ambito della complessiva e articolata difesa apprestata in favore degli imputati, deve rilevarsi che i suoni emessi dalla vittima nel corso degli atti sessuali che sono stati oggetto di videoripresa e che si sentono in sottofondo anche durante un messaggio audio inviato col suo cellulare dal F. (uno degli imputati ndr) mentre era in corso lo stupro sono tutt'altro che interpretabili come gemiti di piacere".

E ancora, i giudici parlano di atti sprezzanti e brutali. "Risulta drammaticamente evidente la dinamica di oggettificazione sessuale (principiata dalla svalutazione della persona della vittima in ragione dei suoi costumi sessuali e culminata nella inflizione nei suoi confronti di una sorta di punizione) che ha dato corso all'evento, con condotte agite nella piena consapevolezza dello stato di ubriachezza in cui ella versava e nella totale incuranza della effettiva e attuale volontà della persona offesa di intrattenere, in quel modo sprezzante e brutale, quel genere di rapporti".

Vengono messe in evidenza le contraddizioni nelle dichiarazioni rese dagli imputati che più volte hanno definito la 19enne violentata come "consenziente". Ma secondo i giudici, quello di Palermo non è stato assolutamente un rapporto consensuale: la notte della violenza la vittima versava in uno stato di "ubriachezza tale da renderla in condizioni di inferiorità e di non essere in grado di prestare valido consenso alla consumazione degli atti sessuali che ugualmente le sono stati imposti e che sono continuati nonostante fosse ad un certo punto intervenuto anche il suo dissenso esplicito alla prosecuzione degli stessi".

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