Di genere si muore. E ce lo dimostra ancora una volta quello che è accaduto a Vicenza. Dove a soccombere alla violenza omicida di un uomo sono state l’ex moglie e la nuova compagna. Uomo che, dopo una furia rocambolesca, si è tolto la vita.
La domanda che troppo spesso rimbalza sui giornali, e non solo, dovrebbe indurre a riflettere su quanto ancora siamo lontani dal contrastare efficacemente fenomeni come il femminicidio. Si può uccidere per amore? La risposta è abbastanza ovvia. No. Visto che amore e omicidio nella stessa frase sono un ossimoro. A meno che non si faccia riferimento all’amore per se stessi. Quello che trasforma ogni insoddisfazione in un’onta da lavare con il sangue.
Due croci rosa, quelle di Vicenza, che denunciano un dato incontrovertibile: l’aumento delle sanzioni, nella maggior parte dei casi, non serve per contrastare il fenomeno del femminicidio. Proprio perché gli assassini, come Vasiljevic, "dopo aver rivendicato l’onore uccidendo la partner che ha osato lasciarli", si tolgono la vita.
Ma chi sono questi uomini assassini? E chi era Zlatan Vasiljevic?
Lui, come tutti gli altri che si macchiano di questo tipo di reati, era un uomo privo dell’attrezzatura emotiva per gestire l’oltraggio del rifiuto. Dimostrando, quindi, di non provare alcun interesse nei confronti delle sanzioni o comunque delle conseguenze legali dei loro atti. Difatti, nei confronti di Zlatan nel 2019 era già stata eseguita una misura cautelare per reiterati maltrattamenti in famiglia. Il provvedimento era stato emesso in conseguenza di una denuncia fatta da Lidia Milijkovic. Sempre nel 2019 il Gip aveva disposto nei confronti del primo un ordine di non avvicinamento alla seconda.
I pregressi della vicenda, dunque, testimoniano ancora una volta come simili uomini non riconoscano alcun valore alla legge e ai suoi rappresentanti. Ma non solo. Dimostrano anche come taluni assassini, come Vasiljevic, siano sempre stati avvezzi a commettere atti di violenza all’interno della coppia. Ignorando completamente le relative ripercussioni sul sistema penale. Ciò perché l’unico desiderio in grado di muovere il loro agito è quello di punire chi è stato capace di compiere una scelta autonoma: la donna. Uomini con personalità non strutturata, ma profondamente immatura. Uomini che, nella maggior parte dei casi, hanno fallito in più ambiti della loro misera esistenza. Ed in questo senso, anziché cercare di capire che cosa si sia inceppato nella loro vita, riversano tutte le loro frustrazioni nei confronti di coloro che sono, o sono state, compagne di vita. Proprio come Zlatan Vasiljevic. Che non solo ha ucciso l’ex moglie, ma anche la nuova compagna. Prima di compiere l’estremo gesto.
Cosa ereditiamo da questa vicenda? In parte lo abbiamo già scoperto. Dal punto di vista istituzionale ci troviamo di fronte ad un sistema che di giorno inasprisce le pene e la sera conta le morte. Due, addirittura, in questa vicenda. Due donne uccise per mano di un uomo già conosciuto dalle forze dell’ordine perché passivo di più di un provvedimento cautelare per i già manifesti e reiterati maltrattamenti perpetrati in danno della ex moglie.
A tutto questo, come se non bastasse, c’erano state chiare ed inconfondibili minacce verbali, rivolte a Lidia ed alla sua famiglia: “Vi uccido tutti, vi taglio a pezzi, quando esco di galera vi ammazzo tutti”. Tutti dati questi che delineano una società completamente incapace di contrastare la violenza di genere in tutte le sue sfaccettature.
Del resto, che il sistema traballi, lo conferma anche la riabilitazione di Vasiljevic come genitore intervenuta per mano del tribunale di Vicenza. Tribunale che, nonostante Zlatan fosse stato colpito da diverse misure cautelari, aveva revocato l’affido esclusivo all’ex moglie in luogo di quello condiviso. L’uomo, dopo un percorso di reinserimento presso il Centro ascolto maltrattanti, era tornato a frequentare i figli.