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Le immagini delle telecamere termiche mostrano la pericolosità delle emissioni di metano in Italia

Il metano è uno dei principali responsabili del riscaldamento globale e il nostro paese è l’hub principale del Sud Europa per lo stoccaggio di gas. La ricerca di Clean Air Task Force, mostra la pericolosità degli impianti di metano nel nostro Paese: rischio incidenti, rischio per la salute delle persone che vi vivono accanto, rischio geologico con il gas stoccato in giacimenti sotterranei che si sollevano quando vengono riempiti. Le immagini esclusive di una telecamera a infrarossi mostrano le immissioni di gas in atmosfera generate dagli impianti per lo stoccaggio del metano in Italia da Nord a Sud.
A cura di Antonio Musella
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Il metano ti da una mano. Suonava così una pubblicità degli anni '80 quando la metanizzazione del paese per portare il cosiddetto "gas di città" in tutta la penisola compiva il suo percorso. Ma quanto gas viene stoccato in Italia? In che modo? Con quali rischi per la salute? E soprattutto il metano è un gas pulito? I processi di stoccaggio e raffinazione del metano emettono nell'atmosfera polveri sottili (pm 2,5),ossido di carbonio, ossido di azoto, anidride carbonica. Un mix che miscelato ad altri reagenti contribuisce al surriscaldamento climatico attraverso la produzione di azoto oltre a nuocere alla salute di chi abita accanto agli impianti.

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L'Europa è il continente che importa più gas metano al mondo e l'Italia ha un ruolo centrale. Può essere considerato l'hub del gas del Sud Europa. L'impatto ambientale di questo processo industriale lascia tutt'altro che tranquilli. La Ong Clean Air Task Force ha girato l'Europa con una termocamera per riprendere le emissioni di gas nell'aria presso i siti di stoccaggio e le raffinerie di metano. In Italia hanno trovato la situazione più preoccupante con emissioni incontrollate che vengono costantemente immesse nell'atmosfera. Nulla di illegale, perché incredibilmente, non c'è una legge che regola queste emissioni in fase di produzione industriale. Fanpage.it attraverso le immagini esclusive mostra le emissioni nei grandi impianti italiani.

Il caso Italia, gas incontrollati nell’aria da Nord a Sud

Il metano è la principale fonte energetica in Italia, il 90% di quello che utilizziamo viene importato dall'estero e stoccato presso giacimenti sotterranei, in Italia ce ne sono 10. Gli americani di Clean Air Task Force è andata a riprendere le ciminiere e gli sfiatatoi dei depositi con una termocamera in tutta Europa. Lo hanno fatto anche in Italia e grazie a quelle immagini – che Fanpage.it vi mostra in esclusiva – è stato possibile comprendere la reale portata di ciò che avviene nell'atmosfera in prossimità degli stabilimenti. "Abbiamo usato una camera a infrarossi che riconosce diversi tipi di gas – spiega a Fanpage.it James Turitto di Clean Air Task Force – ci siamo messi a cercare le perdite e le emissioni di queste industrie, quello che ne è venuto fuori è stato davvero sorprendente, è uno dei peggiori casi al mondo. Ho visto molte perdite, molti sfoghi di gas in atmosfera senza provare a bruciarlo, il che lo renderebbe meno inquinante".

La telecamera a infrarossi ha mappato tra gli altri gli stabilimenti di Falconara (An), Moliterno (Pz), Ripalta (Cr), Terranuova Bracciolini (Ar), Candela (Fg), Tempa Rossa (Pz), Roseto (Te), Fiume Treste (Ch), tutti gestiti dalle principali multinazionali che commercializzano le fonti fossili di combustibile. "Non ci aspettavamo una situazione del genere" commenta amaro Turitto.  A spigarci la dinamica delle emissioni è Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del CNR: "Questi gas escono da ciminiere altissime, teoricamente dovrebbero essere utilizzate solo in caso di emergenza va c'è troppa pressione o quando c'è manutenzione. Ma da quello che abbiamo visto sembra che queste emissioni siano costanti".  Emissioni costanti quindi, almeno secondo le rilevazioni delle termocamere di CATF: "Sprecare così le risorse creando un danno ambientale ed un danno alla salute dei cittadini è inaccettabile" sottolinea Armaroli. Già perché i gas che escono dai siti di stoccaggio del metano contribuiscono alla produzione di ozono, quindi al riscaldamento globale e finiscono al tempo stesso nei polmoni di chi abita li vicino.

Il rischio per la salute: "Migliaia di morti all'anno"

Chi vive nei pressi di questi impianti, ha iniziato a preoccuparsi per i danni alla salute. È il caso di Ezio Corradi del Movimento No Triv: "Quando non sai nulla, tutto va bene, ma quando cominci a capire che sei seduto sull'hub del gas del Sud Europa qualche domanda cominci a fartela".  La domanda è semplice: quanto fanno male queste emissioni? "L'ozono è un gas velenoso – ci spiega il prof. Armaroli – quando noi lo respiriamo va nelle nostre vie respiratorie le irrita e le danneggia. Il metano è un precursore dell'ozono e causa migliaia di morti all'anno secondo l'Agenzia Ambientale Europea". Ma cosa avviene nell'atmosfera quando vengono liberati questi gas dagli stabilimenti di stoccaggio del metano? E' processo che avviene costantemente: "Con il caldo di questo periodo ci sono temperature elevate, condizioni ideali per la creazione dell'ozono – spiega Armaroli – ci sono una serie di reagenti come l'ossido di azoto, sostanze organiche volatili prodotte dalla vegetazione, un mix perfetto per creare ozono".

L'irritazione delle vie respiratore, se prolungata nel tempo, può portare al sorgere di tumori e neoplasie. Il rischio più grande è per chi vive in un raggio di 800 metri dagli stabilimenti, che ha una possibilità più elevate di ammalarsi di tumore. "C'è un report del Centro di ricerca della Commissione Europea che dice che le emissioni di metano vanno abbattute perché questo permetterebbe di risparmiare migliaia di vite entro il 2050". Il rischio per la salute dunque ha un impatto importante. Lo sa bene anche Corradi, che vive proprio nei pressi di uno di questi siti: "Manca una seria analisi epidemiologica sulla salute delle persone" ci spiega. Il metano è uno dei principali responsabili del riscaldamento globale, il suo effetto serra e decine di volte superiore all'anidride carbonica: "Se riduciamo del 45% le emissioni di metano nei prossimi 10 anni – racconta Turitto – potremmo fermare di 0,3 gradi il riscaldamento globale per i prossimi 20-30 anni". Una proporzione che ci da l'idea di quanto sia impattante il metano sui cambiamenti climatici.

Pericolo incidenti: “Nessuno conosce i piani d'emergenza”

Questi impianti si trovano in prossimità di centri abitati, chi più vicino, chi più lontano, ma nessuno di questi si trova in un'area totalmente disabitata. Il rischio di incidenti per questo tipo di stabilimenti è considerato "elevato". "Tutti i cittadini dovrebbero conoscere i piani d'emergenza – spiega Ezio Corradi – ma di fatto nessuno li conosce, in caso di incidente nessuno sa cosa fare". Se si applicassero in maniera rigida le normative vigenti su questi impianti avremmo solo due possibilità: o si spostano gli impianti o si spostano i centri abitati. Inoltre la maggior parte dei siti di stoccaggio utilizza delle cavità nel sottosuolo come dei veri e propri depositi. Il gas una volta importato, viene immesso in questi giacimenti con una elevata pressione. "Dalle foto satellitari è stato possibile vedere che il suolo si solleva e si abbassa ogni qual volta si compie l'operazione di immettere o dismettere gas dai giacimenti" sottolinea Armaroli. Esiste quindi anche un problema geologico rispetto all'impatto di questo tipo di industrie nel nostro paese. L'utilizzo dei giacimenti è dovuto al fatto che l'immissione del gas nel sottosuolo permette di stoccare più gas. Una forma plastica degli stratagemmi del capitalismo energivoro che distrugge il territorio.

Abbattere le emissioni, la sola via per mettersi al sicuro

Il metano dunque è uno dei responsabili del del surriscaldamento del pianeta. Bisogna intervenire, come milioni di persone in tutto il mondo stanno chiedendo da tempo. Il tema del riscaldamento globale è al centro dell'agenda politica mondiale, ma molto spesso l'efficacia degli accordi internazionali per ridurre le emissioni risulta essere solo un'operazione di greenwashing, letteralmente una "lavata (verde) di faccia". "Queste grandi aziende che adesso si dicono pronte alla transizione verde – sottolinea il dirigente CNR – sono pronte a farlo solo quanto ci sono i finanziamenti europei? La riduzione delle emissioni di metano si può fare subito". L'Unione europea è il principale importatore di gas e petrolio al mondo e Clean Air Task Force sta provando a fare pressioni affinché la strategia europea per la riduzione delle emissioni si trasformi in atti e misure concrete. "Noi chiediamo una regolamentazione sul rilevamento e la riparazione delle perdite – spiega James Turitto – restrizioni su combustioni e sfoghi di metano in atmosfera, e standard di importazione su gas e petrolio che entrano nell'Ue". Una questione che ha molto a che fare con l'utilizzo dei fondi del Recovery Plan, con la cosiddetta transizione ecologica presentata come valore ispirante per impiegare miliardi e miliardi di euro di fondi europei. La speranza è che il tutto non si trasformi in una gigantesca operazione di greenwashing a vantaggio delle stesse multinazionali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare le fonti fossili di energia.

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