Le famiglie di 200 medici morti per Covid non riceveranno alcun ristoro dallo Stato
Lo Stato non darà alcun ristoro alle famiglie delle guardie mediche, dei medici di famiglia, dei dentisti e degli specialisti morti per Covid. È stato infatti bocciato l'emendamento che concedeva 100mila euro a famiglia, presentato dalla senatrice della Lega Maria Cristina Cantù in sede di conversione del decreto Covid sulle festività dello scorso 24 dicembre. Al momento gli indennizzi sono garantiti dall'Inail solo ai medici dipendenti del Sistema sanitario nazionale (che ad esempio lavorano negli ospedali), mentre tutti gli altri hanno avuto solo piccoli rimborsi tramite assicurazioni private o usufruito della raccolta fondi dei fratelli Della Valle dell'estate 2020.
L'emendamento è stato bocciato dalla Commissione Bilancio del Senato per la mancanza di coperture. Quindi è stato ritirato e riformulato come ordine del giorno, accolto dal Governo. Ma non è detto che possa concretizzarsi in una norma vera e propria.
La Federazione degli ordini dei medici è su tutte le furie. Il presidente Filippo Anelli, ai microfoni di Fanpage.it si dice sorpreso, perché «l'approvazione dell'emendamento avrebbe significato che lo Stato era grato ai medici che si sono impegnati e hanno sacrificato la loro vita in un momento per combattere la pandemia, in cui i livelli di sicurezza non erano proprio elevati». Anelli invita quindi il Parlamento a riflettere. «Dispiace – aggiunge – che non si siano trovati i fondi per poter dare un ristoro a queste famiglie che, in molti casi, sono anche rimaste prive dell'unica fonte di sostentamento e alle quali sono negati gli indennizzi Inail».
Covid, dal 2020 morti quasi 200 medici di famiglia e guardie mediche
Dall'inizio della pandemia sono 369 i medici morti per Covid ed oltre la metà (quasi 200) sono medici di famiglia e guardie mediche. Inoltre, in diversi casi, il medico deceduto era l'unico componente del nucleo familiare con un lavoro. Per Anelli «garantire un ristoro a queste famiglie è un segno di rispetto». Il presidente, quindi, porrà la questione direttamente al ministro della Salute Roberto Speranza, che incontrerà la prossima settimana.
«Chiediamo – conclude Anelli – che siano equiparati i trattamenti tra dipendenti del Sistema sanitario nazionale e no, per dare uguali diritti a tutti i medici. Con l'Inail si potrebbe discutere, garantendo a tutti la copertura, soprattutto nel caso di infortuni sul lavoro. Le tutele non dovrebbero essere diverse, c'è bisogno di un unico ente di previdenza».
Cosa dice l'emendamento
Il sub-emendamento proposto da Cantù prevede «un ristoro una tantum per chiunque abbia svolto una professione medica non in regime di rapporto di lavoro dipendente che abbia contratto l'infezione da SARS-CoV-2 e abbia riportato lesioni o infermità da cui sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psicofisica, nonché un assegno una tantum in caso di morte del medico in favore dei soggetti a carico».
Nel testo, che rispecchia una proposta di legge di ottobre della stessa senatrice, si legge poi che «L'Enpam (l'Ente previdenziale del personale medico n.d.r.) eroga l'indennizzo in capitale per la menomazione psicofisica subita dal professionista. La prestazione è erogata, in una unica soluzione e in funzione dell'età e del grado di menomazione accertato. Qualora la patologia cagionata dall'infezione abbia causato la morte del medico, l'Enpam provvede ad erogare un assegno una tantum nella misura di 100.000 euro ai soggetti a carico».
Secondo Cantù «l'indennizzo non intende essere una ricompensa, bensì rappresentare un sostegno concreto a coloro che hanno sacrificato la propria salute o addirittura la propria vita a vantaggio della vita e del benessere del prossimo e della comunità intera, grazie alla profonda dedizione al lavoro e allo spirito di sacrificio manifestato. Come tale verrà destinato alla vittima o ai soggetti a carico del medico, quali il coniuge, i figli minori, i genitori, i fratelli minori, inclusi i figli maggiorenni e i fratelli inabili al lavoro».