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Covid 19

Le dittature nascono con i giornalisti presi a calci, non con vaccini e Green Pass

Ministri paragonati ai nazisti da energumeni col braccio teso e il tatuaggio di Mussolini e giornalisti insultati e presi a calci nel nome della libertà. Le piazze No Green Pass sono la prova della rabbia e della paura che covano sotto la cenere da un anno e mezzo a questa parte. Assecondarle, è un errore da non commettere. Minimizzarle o irriderle, un errore ancora più grave.
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A Torino e Bologna, con Gianluca Orrù e Beppe Facchini in mezzo a chi ci diceva “servi e fascisti”. A Roma con Marco Billeci, in mezzo ai fascisti, quelli veri, che arringavano la piazza no Green pass e ne guidavano i cortei, marciando sulla Capitale al grido di “giornalisti terroristi”. A Firenze, dove Saverio Tommasi ha subito un’aggressione violenta nelle parole e nelle azioni, con gente che lo spintonava e gli tirava calci, diti medi alzati da signore ingioiellate e mamme che incitavano i figli a dargli dello scemo. Ci permettiamo di fare i nomi dei colleghi che hanno sfidato l’ostilità delle tre piazze contro i vaccini e contro il Green pass di sabato 24 luglio 2021 per tributare loro il merito di aver sfidato il caldo torrido e la palese ostilità di migliaia di persone verso di loro e verso la categoria che rappresentavano per fare il loro mestiere: raccontare la realtà.

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Grazie ai cronisti di Fanpage.it, e ai colleghi di tutte le altre testate, oggi ne sappiamo qualcosa di più di chi è sceso in piazza per protestare contro il vaccino anti Covid e le misure del governo Draghi che, a loro dire, discriminano chi non vuole vaccinarsi. Soprattutto, abbiamo visto coi nostri occhi quell’impasto di paura e paranoia di chi si sente al centro di un complotto pluto-farmaceutico, che mira a espandere il proprio controllo sociale attraverso il micidiale uno-due di virus e vaccino, che ha nei No Vax il proprio capro espiatorio così come gli ebrei lo erano per i nazisti. E che fa dei giornali – meglio: dei giornalisti servi e terroristi – il nemico pubblico numero uno, quelli che hanno spianato la strada a tutto questo.

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In quelle piazze ci sono anche tante contraddizioni: ci sono energumeni coi tatuaggi del Duce che issano manifesti contro i “nazisti al governo”. C’è chi canta l’inno nazionale sull’attenti e invita alla disobbedienza civile contro le leggi e la Costituzione (articolo 16) del suo stesso Paese. Accanto a loro bandiere anarchiche, che stridono con le parole di leader delle destre autoritarie e nazionaliste come Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che di quelle piazze provano a prendersi il consenso, ripetendo ovunque che quel disagio vada capito e che il green pass è un errore politico. C’è chi accusava i giornalisti di moltiplicare i morti di Covid che ora li accusa di nascondere i decessi a causa del vaccino.

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C’è, soprattutto, una piazza che non sa che cosa vuole: che non vuole i vaccini, ma nemmeno il Green pass, ma nemmeno il lockdown, ma nemmeno le mascherine, e non si capisce sinceramente come crede di uscire da questa pandemia, ammesso e non concesso che creda che il Covid sia mai esistito – alcuni non ci credono, ma credono comunque sia uscito da un laboratorio cinese per la guerra batteriologica – e che 4 milioni e rotti di persone, nell’ultimo anno e mezzo, in tutto il mondo, non siano davvero morte come dicono le statistiche.

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Non servono storici, né sociologi o psicologi per sapere qual è la sottile linea rossa che unisce ciascuna di quelle persone in quelle piazze: una paura enorme per quel che sta succedendo e che succederà. Hanno paura di morire a causa del vaccino, che qualcuno controlli le loro vite, che alla normalità non si tornerà mai più, che il loro benessere uscirà definitivamente compromesso da questa lunga emergenza sanitaria, economica, sociale. E ovviamente accusano i media di aver artatamente alzato il livello della loro paura per permettere qualunque cosa a chi comanda.

Hanno paura, e con le loro azioni non fanno che avverare i loro più terribili incubi: perché per chi ha paura della morte, a qualunque età, il Covid è un nemico molto più pericoloso del vaccino che serve per sconfiggerlo. Perché chi ha paura di non tornare alla normalità dovrebbe preoccuparsi di far finire la pandemia il prima possibile, non di aumentare a dismisura le occasioni di contagio e proliferazione delle varianti. Perché chi teme per il proprio lavoro e per il proprio conto in banca, dovrebbe prendersela con chi chiede da mesi al governo di togliere qualunque blocco ai licenziamenti – uno su tutti: Matteo Salvini -, non con chi si occupa di tutelare la salute pubblica. Perché chi ha paura che qualcuno finisca per esercitare un potere autoritario dovrebbe preoccuparsi dei fascisti col megafono in mano e di chi prende a calci i giornalisti, non delle istituzioni democratiche che permettono loro di manifestare liberamente, né di chi prova a informare le persone,  dicendo loro anche quel che non vorrebbero sentirsi dire.

Avviso ai naviganti: non cadiamo nello stesso errore di valutazione. Rubricare quelle piazze a piccole bande di esagitati, e sottostimare il malessere, la paura e il risentimento che covano sotto la cenere dopo un anno e mezzo durissimi sarebbe un errore imperdonabile. Banalmente, perché è così che nascono le dittature, quelle vere: non quando si applica la costituzione per motivi di salute pubblica. Ma quando i giornalisti vengono presi a calci tra gli applausi, e sembra non sia successo niente.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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