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Incidente del bus a Mestre

Le cause dell’incidente del bus a Mestre, continuano le indagini: “Serve perizia sul guardrail”

Tanti gli elementi ancora da chiarire dopo l’incidente di Mestre, in cui hanno perso la vita 21 persone, dal guardrail sulla strada al guasto del mezzo. Il procuratore di Venezia ha detto che “le perizie verranno eseguite contemporaneamente”. Intanto le salme delle vittime sono state tutte identificate e “verranno presto riconsegnate alle famiglie”.
A cura di Eleonora Panseri
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Omicidio stradale plurimo: è l'ipotesi di reato che si trova nel fascicolo di inchiesta aperto dalla Procura di Venezia sul terribile incidente di Mestre, dove un pullman è precipitato da un cavalcavia nella serata di martedì 3 ottobre, intorno alle 19.50. Nello schianto sono morte 21 persone. Sono nove cittadini ucraini, quattro romeni, tre tedeschi, un croato e un sudafricano, insieme all'autista dell'autobus, il 40enne Alberto Rizzotto, definito dai colleghi "un professionista esperto".

"Tutte le perizie verranno eseguite contemporaneamente, nei limiti del possibile senza privilegiare un indirizzo rispetto ad altri, quindi i periti saranno chiamati ad esaminare il guardrail, il bus, la scatola nera del mezzo. Tutti elementi sotto sequestro", ha fatto sapere oggi, giovedì 5 ottobre, il Procuratore Bruno Cerchi.

"Le salme sono state riconosciute tutte, le ultime stamane, ora verranno consegnate ai parenti. Abbiamo già avvisato le ambasciate", ha detto ancora Cerchi, precisando come "la prima attività per noi doveva essere questa, per questo abbiamo incaricato la medicina legale e la polizia scientifica". "Le salme – ha aggiunto – non sono già più sotto l'Autorità giudiziaria. Era la nostra prima esigenza per poi, con i tempi necessari, proseguire con il resto".

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A soli due giorni dalla tragedia restano ancora tanti interrogativi sull'esatta dinamica dell'incidente che l'attività d'indagine degli investigatori dovrà andare a ricostruire per stabilire anche di chi siano le responsabilità di quanto accaduto e per dare giustizia alle vittime e alle loro famiglie. I punti da chiarire sono diversi: dalla mancata tenuta del guardarail che si trovava lungo il percorso del mezzo, alle condizioni di salute del guidatore.

Guardrail vecchio e serviva manutenzione

Tra gli elementi al vaglio degli inquirenti, c'è il guardrail posto sul cavalcavia da cui il mezzo è precipitato martedì sera. "Non ci sono allo stato indagati mentre il guardrail, la zona di caduta del bus e lo stesso mezzo sono stati posti sotto sequestro", ha detto ancora il procuratore.

"Non so se il guardrail fosse fatiscente", ha aggiunto Cerchi. "Valuteremo con calma chi sentire e chi no" anche del Comune di Venezia, visto che il tratto di strada è comunale. "Non abbiamo le conoscenze per poter fare valutazioni tecniche sulla tenuta del guardrail e sulla tenuta dell'altro parapetto e con gli esperti dovremo accertare" quanto accaduto, ha concluso.

La barriera, infatti, progettata per fermare la corsa dei veicoli o quanto meno contenerli, sarebbe stata vecchia e avrebbe uno spazio largo circa due metri, un varco che l'amministrazione comunale però ha definito come parte dell'opera. Per l'assessore alla  Mobilità di Venezia Renato Boraso, il buco sarebbe "un punto di passaggio, un varco di accesso per motivi di sicurezza, per la manutenzione. Si tratta di una piccola interruzione che si trova,  talvolta, lungo i guardrail. Non vorrei che qualcuno pensasse che 13,5 tonnellate si sarebbero fermate per un metro e cinquanta", ha aggiunto l'assessore.

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Boraso ammette che "sicuramente la doppia fila di guardrail è vetusta perché così abbiamo ereditato questo cavalcavia", ora al centro di un progetto di ammodernamento da 6,5 milioni di euro. "Non è che un metro e mezzo impedisce la caduta",  dice Boraso, assicurando che il bus è precipitato "25 metri dopo".

Ipotesi guasto del pullman precipitato

Un altro elemento che andrà chiarito nelle prossime settimane sarà anche l'eventuale guasto del mezzo precipitato. L'autobus della società La Linea spa era un modello E-12 dell'azienda Yutong, eccellenza nel settore dei trasporti elettrici, con propulsione esclusivamente elettrica e 400 chilometri di autonomia assicurati da pacchi batteria per complessivi 350 kW collocati sul tetto.

Il pullman era quindi alimentato da batterie agli ioni di litio. Si tratta di fonti generalmente sicure ma in alcune circostanze possono andare a fuoco, a causa di una reazione chimica che si verifica all'interno di batterie usurate o danneggiate. Il fenomeno è chiamato "runaway termico" e le fiamme possono svilupparsi rapidamente da una batteri all'altra.

Tra le cause malore o colpo di sonno del conducente

Solo l'autopsia sul corpo di Alberto Rizzotto, l'autista dell'autobus morto nell'incidente, rivelerà se a causare l'incidente possa aver contribuito un eventuale malore o colpo di sonno. Le persone che conoscevano l'uomo lo hanno dipinto come un professionista serio e responsabile ed escludono una disattenzione, visto che era anche da tempo che lavorava nell'ambiente. Quello che appare certo però è che sull'asfalto non ci sono segni di frenata.

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Di fronte a questa evidenza, il Procuratore di Venezia ha escluso il ‘contatto' con altri mezzi. "La dinamica – ha riferito – ha visto il bus toccare e scivolare lungo il guardrail per un cinquantina di metri, e infine, con un'ulteriore spinta a destra, precipitare al suolo. Non ci sono segni di frenata, né contatti con altri mezzi".

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