Le carte d’identità di Messina Denaro potrebbero provenire da due vecchi furti al Comune di Trapani
Come ha fatto il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro ad ottenere cinque carte d'identità false? È quanto da ormai oltre due settimane si chiedono gli inquirenti che stanno indagando sulla latitanza trentennale del mafioso. Gli investigatori, in particolare, si stanno concentrando su due furti misteriosi commessi al Comune di Trapani nel 2015 e nel 2018, quando sparirono migliaia di documenti.
La Procura di Palermo sta facendo accertamenti sulle cinque carte di identità contraffatte, intestate ad altrettanti residenti a Campobello di Mazara, tutti incensurati, rinvenute dai carabinieri nel covo di vicolo San Vito in cui Messina Denaro si nascondeva. L'ipotesi è che i documenti appartengano alla partita di carte sparite dal Comune di Trapani nel 2015 e nel 2018. I due episodi, ritenuti finora di criminalità comune, potrebbero adesso assumere una connotazione totalmente diversa.
Quando vennero commessi i due furti di carte d'identità
Il primo furto, quello di quasi otto anni fa, venne messo a segno nella delegazione municipale di Borgo Madonna, in via Giuseppe Polizzi. I ladri entrarono in azione di notte forzando la porta d'ingresso dell'edificio e rubarono tessere di identità in bianco e alcune migliaia di euro in contanti. Nel 2018, dopo aver disattivato l'energia elettrica di un intero isolato, dei malviventi si introdussero negli uffici periferici di largo San Francesco di Paola e sottrassero la cassaforte con migliaia di documenti di riconoscimento e denaro. I responsabili del secondo furto, due balordi di piccolo calibro criminale, furono arrestati tempo dopo, ma solo parte del bottino venne recuperato.
I documenti di Messina Denari parte del bottino del 2015 e 2018?
Gli inquirenti, che stanno verificando se siano stati commessi altri furti simili in Sicilia, stanno cercando di comprendere se i documenti scoperti nel covo di Messina Denaro siano parte del bottino mai ritrovato. Quel che è certo è che le carte rubate erano tutte in bianco. Secondo gli investigatori sarebbero state successivamente compilate con le generalità dei 5 campobellesi. Ai documenti sarebbero stati aggiunti inoltre la foto di Messina Denaro – nel covo c'erano diverse foto tessera – e il timbro del Comune di Campobello di Mazara. Un procedimento complesso sul quale i pm cercano di far luce, visto che difficilmente il boss avrebbe potuto realizzare senza le complicità di altre persone.
Andrà inoltre accertato se i cinque alias ai quali erano intestati i documenti trovati nel covo fossero complici del capomafia e gli avessero "prestato" l'identità. Come Andrea Bonafede, il geometra di Campobello in carcere con l'accusa di associazione mafiosa. Per il gip sarebbe un uomo d'onore riservato, un fedelissimo nel quale il capomafia aveva piena fiducia tanto da averlo coinvolto nella sua latitanza.