Le bestemmie e le imprecazioni contro Dio: quali sono le più gravi?
Mentre l'Islanda rende legale la blasfemia, non si può non ricordare che “Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio” è il secondo comandamento dato a Mosè sul monte, secondo il racconto del libro dell’Esodo. Da lì parte il divieto della Chiesa di bestemmiare, cioè di nominare il nome di Dio. Ci sono, però, modi e modi in cui si può pronunciare: alcuni sono di maggiore gravità rispetto agli altri.
La bestemmia consiste, secondo quanto insegna il catechismo della Chiesa cattolica, “nel proferire contro Dio – interiormente o esteriormente – parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui nei propositi, nell'abusare del nome di Dio.” In pratica, non si bestemmia solo se si esprime una espressione irriguardosa e offensiva ad alta voce, ma anche se la si pensa solamente. La Chiesa estende il peccato di bestemmia anche verso chi offende la Chiesa stessa, i santi, le cose sacre. E, dunque, peccato offendere la Madonna o anche il Papa.
Ci sono, però, bestemmie più gravi di altre. Lo stesso Gesù, nel Vangelo, spiega che le bestemmie contro il Padre ed il Figlio possono essere perdonate. L’unico peccato che non sarà perdonato, perché eterno, è la bestemmia contro la terza Persona della Santa Trinità, lo Spirito Santo. Molti teologi hanno studiato e cercato di capire, nel corso dei secoli, il perché di questa differenziazione, giungendo alla conclusione che chi bestemmia contro lo Spirito Santo lo fa perché non riesce a distinguere più il bene dal male, in quanto è lo Spirito Santo che ci consente di riconoscere i nostri peccati. Chi, dunque, è capace di fare solo il male e non il bene, non potrà essere perdonato.
Non è tutto: “è blasfemo – continua il Magistero della Chiesa – anche ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte. L'abuso del nome di Dio per commettere un crimine provoca il rigetto della religione.” Meno gravi, invece, le “semplici” imprecazioni “in cui viene inserito il nome di Dio senza intenzione di bestemmia, sono una mancanza di rispetto verso il Signore.”
Viene considerato alla stregua di una bestemmia il falso giuramento perché “fare promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma. È invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità. Il giuramento impegna il nome del Signore.” Non è peccato, però, giurare per finalità “alte” come può essere un giuramento in tribunale o prima di accettare un mandato istituzionale. Bisogna, in ogni caso, ricordarsi sempre che “il giuramento falso chiama Dio ad essere testimone di una menzogna e che chi, sotto giuramento, fa una promessa con l'intenzione di non mantenerla, compie “una grave mancanza di rispetto verso il Signore”. D’altronde, nel Vangelo di Matteo, ed in particolare nel celebre discorso delle beatitudini, Gesù stesso dice che « Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti!". Ma io vi dico: non giurate affatto.”
Poi ci sono le espressioni che non sono bestemmie, anche se lo sembrano. Un elenco tutto da ridere in questo senso è stato fatto qualche anno fa a Radio DeeJay dai componenti di Elio e Le Storie Tese, con la loro “classifica delle parole di senso compiuto che sembrano bestemmie ma non lo sono, da utilizzare nelle barzellette estreme, per non urtare l’elettore cattolico”, diventato ormai un pezzo di culto.