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Le banche della terra, terreni gratis (o quasi) a chi vuole coltivarli

Le cosiddette banche della terra sono al momento attive in otto regioni italiane: mettono a disposizione aree abbandonate per chi vuole coltivare.
A cura di Susanna Picone
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Terreni pubblici a disposizione di nuove imprese agricole. Sono le cosiddette “banche della terra” che potrebbero fare la fortuna di alcuni agricoltori. La fortuna di quanti, gratis o per cifre simboliche, potranno lavorare le aree demaniali coltivabili rimaste abbandonate. Si tratta di una strada che è stata già intrapresa da otto regioni italiane (Abruzzo, Campania, Liguria, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto) mentre altre cinque (Lombardia, Lazio, Calabria, Marche, Molise) hanno il progetto in itinere. Il primo passo è il censimento delle proprietà pubbliche abbandonate e la compilazione di un elenco: le zone coltivabili vengono poi messe a disposizione attraverso bandi rivolti a imprenditori e in particolare ai giovani. Il terreno conferito rimarrebbe in uso a chi la coltiva per 20 anni e per lo stesso periodo non potrà essere mutata la sua destinazione urbanistica. Le banche della terra aiuterebbero il rilancio del made in Italy e contestualmente frenerebbero lo spopolamento in alcune zone italiane.

L’iniziativa ha trovato l’approvazione della Coldiretti, secondo la quale “la cessione di questi terreni toglierebbe a Comuni, Regioni e allo Stato il compito improprio di coltivare la terra, renderebbe disponibili risorse per lo sviluppo e la crescita del Pil ma soprattutto avrebbe il vantaggio di calmierare il prezzo dei terreni, stimolare la crescita, l’occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante per la crescita del Paese”. Chiaramente l’impatto delle banche della terra varierà a seconda delle regioni italiane. A sottolineare, ad esempio, la differenza tra Lombardia e Toscana Gianni Fava, assessore regionale all’Agricoltura della Lombardia. “In Lombardia l’80% dei terreni coltivabili è oggi già utilizzato – ha spiegato Fava – restano libere aree marginali come quelle collinari o montane. In un’ottica di rilancio di queste zone, oggi alle prese con abbandono e degrado il progetto ha sicuramente dei vantaggi. In altre regioni, ad esempio in Toscana, credo invece che le potenzialità siano più ampie”.

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