Lavoro a rischio per 350 precari del Cnr, la lettera a Draghi: “Valorizzi la ricerca pubblica”
Continua la battaglia dei 350 ricercatori italiani del Cnr che rischiano di rimanere senza lavoro a partire dal prossimo mese di dicembre se non vengono regolarizzati. Mentre sono impegnati dal 18 novembre in un presidio ininterrotto presso l'amministrazione e la sede centrale dell'Ente a Roma, si rivolgono direttamente al premier Mario Draghi con una lettera, che Fanpage.it ha ricevuto e visionato, affinché intervenga per evitare che "vadino a casa". Ecco, di seguito, il testo della missiva:
"Gentile Presidente Draghi,
a scriverLe sono i “Precari Uniti CNR”, le lavoratrici e i lavoratori precari del più grande Ente Pubblico di Ricerca italiano. Nonostante la precarietà, anche durante la pandemia, abbiamo messo e continuiamo a mettere al servizio di tutta la comunità le nostre competenze per superare l’emergenza sanitaria. Il CNR e suoi precari non si sono mai fermati durante questo tragico periodo, svolgendo attività di ricerca a 360 gradi: dal campo biomedico di supporto diretto a quello ambientale sugli effetti del lockdown, fino anche a lavori sociologici sull’impatto della pandemia sul sistema economico. La nostra multidisciplinarietà, inoltre, ci vede impegnati in ricerche per la lotta al cambiamento climatico e al suo impatto sul nostro futuro. Questo è il nostro lavoro, abbiamo studiato e siamo stati formati per impegnarci e dare il meglio per garantire benessere e un futuro migliore alle prossime generazioni.
Grazie al D. Lgs 75/2017, altresì noto come Legge Madia, nel 2018 ha avuto inizio il processo di stabilizzazione del personale precario, tuttavia restano ancora 400 lavoratori in attesa dell’assunzione a tempo indeterminato, di cui circa 330 vincitori di procedure concorsuali secondo il D. lgs. 75/2017 in graduatorie che scadranno nei primi giorni del mese di dicembre.
L'Ente dispone già di risorse economiche più che sufficienti a concludere il processo di stabilizzazione:
3,3 milioni di euro per il 2021 dalla legge di bilancio 2021 vincolati alle stabilizzazioni
6,3 milioni di euro per il 2021 dalla legge di bilancio 2021 per l’assunzione di personale
22,8 milioni di euro per il 2021 dal Decreto “Rilancia Italia” vincolati all’assunzione di personale.
Purtroppo, dopo le rassicurazioni della Presidente e tutto il CdA alle organizzazioni sindacali il 22 settembre, successivamente ribadite durante il tavolo tecnico dell’11 ottobre scorso tra le organizzazioni sindacali e il Direttore Generale Giuseppe Colpani che ribadiva la volontà dell’Ente di procedere alle assunzioni di tutti gli idonei nelle graduatorie di stabilizzazione entro la scadenza delle graduatorie, in occasione dell’ultimo tavolo tecnico del 18 novembre i vertici dell’ente ha clamorosamente e inspiegabilmente fatto un passo indietro, dichiarando di voler usare solo 3.3 milioni per le stabilizzazioni, sufficienti ad assumere appena 50/60 unità di personale a fronte di circa 400 aventi diritto.
Questo significa che per scelta politica dei vertici dell’ente 350 ricercatori e tecnologi, personale che si è sempre dimostrato parte attiva e contribuisce in modo sostanziale, significativo e sistematico alla crescita dell’ente, saranno messi alla porta e perderanno il loro lavoro.
Per questo motivo, insieme alle organizzazioni sindacali FLC CGIL, FIR CISL e UIL SCUOLA RUA, dal 18 novembre i lavoratori precari del CNR sono in presidio permanente nella sede centrale di Roma. Il presidio non terminerà fino a quando i vertici dell’ente non decideranno di impiegare tutte le risorse già disponibili per cambiare il destino di chi fa ricerca da anni in modo serio e coscienzioso.
Non è ammissibile accettare che la ricerca sia depredata di una risorsa fondamentale che è stata ingiustamente e ripetutamente sfruttata negli anni con contratti a termine, ma che nel momento in cui si chiede all’ente di riconoscerne il lavoro e il valore con la meritata assunzione, viene mandata a casa.
Ci rivolgiamo pertanto a Lei, come Presidente del Consiglio, affinché dall’alto del Suo ruolo istituzionale possa intervenire, come già fatto in passato, ricordando ai vertici dell’ente e al Ministero dell’Università e Ricerca l’importanza di investire e valorizzare la ricerca pubblica, a partire dai suoi lavoratori".