Laura Bonafede, amante di Messina Denaro, condannata a 11 anni: il boss “girava tranquillamente in paese”
Il Gup del Tribunale di Palermo Paolo Magro ha condannato a 11 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa Laura Bonafede, l'insegnante di Campobello di Mazara, figlia dello storico padrino del paese, sentimentalmente legata all'ex boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Alla donna inizialmente era stato contestato il reato di favoreggiamento, capo d'imputazione poi modificato in quello di associazione mafiosa. Secondo la Procura Bonafede avrebbe convissuto per anni, insieme alla figlia, con il capomafia allora latitante, garantendone le comunicazioni con gli uomini d'onore e coprendo la sua latitanza. Il processo è stato celebrato col rito abbreviato.
Laura Bonafede, figlia del boss deceduto Leonardo, è anche cugina del geometra Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro per permettergli di curarsi. La donna è imparentata anche con il dipendente comunale, e omonimo del geometra, che ha fatto avere al boss le ricette mediche, e di Emanuele Bonafede, uno dei vivandieri di Messina Denaro tratto in arresto insieme alla moglie Lorena Lanceri. L'insegnante è inoltre sposata con il mafioso Salvatore Gentile, condannato all'ergastolo per avere commesso due efferati omicidi su ordine proprio di Messina Denaro.
La relazione tra Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro sarebbe iniziata quasi trent'anni fa, nel lontano 1996. Il boss andò a trovare a casa il padre della donna per ottenere il permesso di frequentare la figlia. Solo a partire dal 2007, tuttavia, la donna sarebbe stata coinvolta dal boss di Castelvetrano nella gestione dei propri interessi. I due per un periodo avrebbero anche convissuto insieme alla figlia di lei, Martina, indagata per favoreggiamento. Dal 2015 la convivenza sarebbe finita per lasciare spazio ad una fitta corrispondenza, con sporadici incontri.
Uno di questi nel 2017: "Lui – ha detto Bonafede – a quanto pare girava tranquillamente anche al mio paese, quindi quando mi vedeva lui mi riconosceva ma io non conoscendolo… cioè non aspettandomelo, ecco, non lo vedevo sempre, ma in quel 2017 ha avuto modo anche di farsi riconoscere, e quindi con la stessa modalità mi ha fatto cenno con le luci, poi io l'ho seguito, abbiamo lasciato la mia macchina e ce ne siamo andati con la sua, sempre tutelandomi nella maniera di non farmi vedere al mio paese nella macchina con un uomo".
Negli ultimi anni i rapporti si sarebbero ulteriormente consolidati: lei si preoccupava del sostentamento e della sicurezza di lui, gli faceva la spesa durante la pandemia di Covid e condivideva affari e informazioni sulla cosca.
I due, scriveva il capomafia, erano una "famiglia", ricostruzione confermata anche dall'imputata lo scorso luglio. In una dichiarazione spontanea, la donna ha affermato di non aver mai saputo che Matteo Messina Denaro era un boss di Cosa Nostra e che in ogni caso non avrebbe dato nessun contributo alla causa mafiosa. Una ricostruzione che evidentemente non ha convinto il giudice, che le ha inflitto una condanna a 11 anni e 4 mesi di carcere.