L’astrofisica premiata dal Time torna in Italia: “Vi spiego perché all’estero non è come sembra”
Tutto ha origine da un insolito acquisto fatto dal padre, quando era ancora piccola. Quel telescopio è stato una miccia, “ha acceso in me un mondo che sembra fantasia, e invece è ancora più bello”, racconta Sandra Savaglio, astrofisica di fama mondiale.
In una lunga intervista a Repubblica, Savaglio ha ripercorso le tappe che l’hanno portata a lavorare in diversi continenti, fino al ritorno nel luogo di partenza, nella sua Calabria; tappe che l’hanno vista passare dall’essere l’emblema della fuga dei cervelli, consacrata persino dalla copertina del Time, al simbolo del rientro in Italia e della speranza.
Originaria di un paesino della provincia di Cosenza, Marano Marchesato, Savaglio fa risalire la sua passione al mondo della scienza e dello spazio al primo incontro con un telescopio, comprato dal padre negli anni ’70. Oggi di anni ne ha 55 ani ed è una nota e stimata astrofisica, nonché docente universitaria.
La sua storia, profondamente intrecciata con la sua attività di studio e ricerca, parte dall’Università della Calabria, dove ha studiato e ha svolto il dottorato di ricerca. Ma dopo la fine del percorso universitario, ha fatto la valigia ed è rimasta fuori per oltre 20 anni.
Dal 2001 al 2006, dopo un breve periodo di ricerca in Francia, Savaglio si trasferisce negli Stati Uniti, alla Johns Hopkins University di Baltimora, e avvia una collaborazione con lo Space Telescope Science Institute. È proprio in quel periodo che compare sulla copertina del Time accompagnata dal titolo “Così l’Europa perde le sue stelle della scienza”.
Eppure, in dieci anni, l’astrofisica simbolo della fuga di cervelli verso le università nord americane rivoluziona completamente la sua vita, con la decisione nel 2014 di tornare a vivere e a lavorare in Calabria. Si tratta di una storia piuttosto lunga. Nel mezzo il confronto con una realtà, anche nel campo della scienza, che si dimostra meno rosea e limpida di quel che sembri.
Nel corso dell’intervista, infatti, la scienziata denuncia la presenza di atteggiamenti e dinamiche discriminatorie e sessiste anche nel mondo della ricerca ai massimi livelli. I fatti ai quali fa riferimento si sono svolti in Germania, all’Istituto Max Planck di fisica extraterrestre, dove Savaglio si trasferisce nel 2006.
“La Germania non è sempre rose e fiori”, risponde alla giornalista che le chiede di spiegare la scelta di lasciare un istituto prestigioso come il Max Planck per rientrare in Italia. “In Germania le cose funzionano, la scienza è considerata importante, ma può essere sorprendentemente rigida, gerarchica e maschilista”.
Ricorda come al Max Planck le donne scienziate fossero poche e generalmente provenienti da fuori, e che nell’Istituto regnavano dinamiche dispotiche e discriminanti, accompagnate da un clima di generale omertà. Ad esempio, una sua collega era stata cacciata senza alcuna spiegazione dopo una collaborazione di 12 anni, per volere del direttore. Di fronte alle sue proteste, molti colleghi avevano preso le parti dell’istituto, mostrando di essere anch’essi parte del problema.
Questa nuova disillusione potrebbe aver in parte influenzato la scelta radicale, presa nel 2014, di tornare in Italia: “Nel 2012 il professore con cui mi laureai mi ha chiesto di tornare, con un programma del governo per il rientro dei cervelli. Io gli risposi di sì, poi non seppi più nulla. Pensai che in Italia succede sempre così, che qualcuno si era messo di traverso. Invece più di un anno dopo ricevetti il messaggio: la procedura si è conclusa positivamente”.
Da allora, Savaglio vive e insegna in Calabria. Nel 2020 ha ricoperto anche la carica di Assessora regionale, con delega all’Università, Ricerca Scientifica ed Istruzione, sotto la presidenza di Jole Santelli. Savaglio spiega di non aver potuto rifiutare la proposta, nonostante l’iniziale diffidenza dovuta alla distanza politica, poiché colpita dal progetto della Presidente di puntare sulla ricerca, intesa come arma per far prevalere la legalità.
A tal proposito, alla domanda se avesse mai incontrato la ‘Ndrangheta, l’astrofisica risponde: “So che c’è, ma non mi ha mai toccato direttamente. Per il telescopio Hubble ho lavorato alcuni anni a Baltimora, città da 300 omicidi all’anno. Negli Usa vai al cinema e sai che il tuo vicino potrebbe tirare fuori una pistola. Credo che l’America sia più violenta della Calabria e che la Calabria abbia problemi più seri perfino della ‘Ndrangheta”. Tra le principali criticità della sua regione, ci sono "la lentezza del settore pubblico, in generale, e i limiti imposti dalla burocrazia".
Nonostante ciò, Savaglio ha comunque una visione ottimista, fiduciosa in particolare nelle nuove generazioni e negli sviluppi della scienza: “C’è sempre qualcuno che domanda a che serva guardare un’altra galassia. E io sempre rispondo: a niente. Ma se la nostra specie è la più evoluta della Terra è perché fa cose inutili, sulla spinta della curiosità e dell’emozione. Come mio padre quando decise di comprare un telescopio”.