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Lasciata a casa perché incinta, la ‘battuta’ di una collega: “Chi la sostituirà deve prendere la pillola”

“Ho 36 anni e pochi mesi fa ho iniziato un nuovo lavoro. Avevo reperibilità h24, anche nei weekend, non avevo orari. Poi sono rimasta incinta e mi hanno lasciata a casa”. La storia di Arianna, che ha contattato Fanpage.it per raccontare la sua esperienza.
A cura di Eleonora Panseri
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"Ho 36 anni e pochi mesi fa ho cambiato lavoro. Avevo reperibilità h24, anche nei weekend, e non c'erano orari. Poi sono rimasta incinta e mi hanno lasciata a casa". Inizia così il racconto di Arianna, una donna che ha contattato Fanpage.it per condividere la sua esperienza.

"A inizio estate avevo deciso di cambiare lavoro perché la nuova azienda consentiva di avere più smartworking e di andare sul posto solo quando necessario, una cosa che per me era importante. Ho scoperto di essere incinta dopo un paio di mesi e lì mi sono venuti mille dubbi", ricorda la 36enne.

"Inizialmente l'azienda mi aveva proposto un contratto a tempo determinato con poi il passaggio all'indeterminato. Quando però me lo hanno presentato ho visto che si trattava di una sostituzione di maternità. Ovviamente, avendo lasciato il precedente lavoro apposta per andare da loro, ho accettato".

"Già lì ero rimasta un po' così, ma in quel momento non sapevo di essere incinta e quindi ho pensato che non ci fossero problemi. Anche perché mi avevano detto che, passata la maternità dell'altra ragazza, comunque mi avrebbero tenuta", aggiunge.

Dopo aver scoperto di essere rimasta incinta e poco prima della firma del primo rinnovo, Arianna decide di dare la notizia della sua gravidanza. "Sono stata onesta, forse troppo, come mi hanno detto alcune persone attorno a me. – commenta – Ma ero stata presa da poco e sono una persona trasparente. Non sapevo come sarebbe andata, avrei anche potuto avere dei problemi, quindi nella totale onestà gliel'ho detto".

Lì per lì datori di lavoro e colleghi si sono mostrati contenti: "Mi hanno detto che non dovevo preoccuparmi e che avremmo trovato una soluzione. Infatti, mi sono sentita sollevata e ho pensato che l'onestà ripagasse sempre. – prosegue la 36enne nel suo racconto – Ma, al quinto mese di maternità della ragazza che stavo sostituendo e a 10 giorni dal nuovo rinnovo, mi hanno detto che non mi avrebbero confermata perché lei sarebbe rientrata. Anche se io sono venuta a sapere che, ancora oggi, non è così".

"Mi hanno detto che era proprio perché aspettavo un bambino, che se non fossi rimasta incinta mi avrebbero tranquillamente rinnovata. Mi sono sentita dire: ‘Goditi la tua maternità, ora pensa a questo, ci risentiamo quando sarai più disponibile'. Quello che mi ha fatto rimanere male è che ho sempre lavorato h24 e non ho mai fatto visite in orario di lavoro, non mi sono mai assentata. E invece loro mi hanno fatto questo bel regalo, decidendo per me come mi sarei dovuta vivere la maternità", aggiunge.

"Non posso credere che nel 2025 le aziende mandino a casa chi aspetta un bambino, che è una gioia grandissima che purtroppo non tutti possono avere. Senza tenere conto che questa cosa può avere ripercussioni anche a casa, senza sapere se la persona ha un compagno che può sostenere il peso di tutta la famiglia".

Arianna dice di aver scritto al nostro giornale dopo aver letto la storia di un'altra ragazza, molto simile alla sua: "Non sono né la prima né purtroppo l'ultima e non vi ho scritto per denunciare l'azienda in sé, ma per parlare del problema perché è giusto che si faccia, visto anche quanto sia già difficile trovare un lavoro. Più di una volta mi è capitato che ai colloqui mi chiedessero se avevo figli o ne volessi perché per loro questa può essere una perdita di tempo. Appena mi hanno detto che non mi avrebbero rinnovata, ho subito cercato un nuovo lavoro, ma non mi ha ancora chiamato nessuno".

La 36enne racconta: "Ho scoperto che stanno cercando una persona con il mio stesso ruolo, quando invece mi avevano detto che in questi mesi non ci sarebbe stato tanto lavoro. Un'altra cosa non vera".

Arianna dice, in cuor suo, di aver giustificato l'azienda: "Mi sono detta anche che un poco li capisco. Non ne ho mai parlato male e non ne parlo male, però a mente lucida devo dire che non si sono comportati bene. Credo che il problema sia legato a un mix di fattori. Da un lato è istituzionale, perché bisognerebbe aiutare le persone che si trovano in questa condizione e mettere le aziende nella possibilità di trovare delle soluzioni alternative al licenziamento o al mancato rinnovo".

"In una condizione del genere non si può lasciare a casa una persona che ha diritto a lavorare, anche per necessità, sia a livello economico che psicologico. – dice ancora – Fortunatamente ho un compagno che lavora e ce la facciamo, anche se con qualche difficoltà. Ma senza di lui sarebbe stato ancora più difficile. E l'aspetto psicologico è spesso sottovalutato perché una persona così non si sente apprezzata e non sente di star facendo una cosa bella".

"Dall'altra parte, c'entra sicuramente la sensibilità dell'azienda, però quello purtroppo dipende dall'animo delle persone. – osserva Arianna. – Ti dico solo che ho saputo che mentre cercavano un'altra persona una collega, da cui mi aspetterei un po' di solidarietà in quanto donna, ha fatto questa ‘battuta': ‘Mi raccomando, un requisito per la prossima è che prenda la pillola anticoncezionale‘".

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