L’appello di Elias: “Ho 26 anni e da quando ho finito la scuola non faccio niente”
Elias cerca un lavoro e sogna l'America. Nato in Giordania 26 anni fa, Elias Bahbah è un ragazzo disabile che vive con suo padre Raed a Reggio Emilia dal 2001. "Siamo venuti qui perchè voleva aiutarmi a camminare" racconta il giovane italo-giordano, che dopo aver terminato la scuola vive praticamente chiuso in casa. Ma adesso, da quando il padre ha perso il lavoro e la famiglia (composta anche dalla compagna di Raed) vive solo della sua pensione di invalidità e di 72 euro al mese concessi tramite il reddito di cittadinanza, Elias vuole dare il suo contributo cercando "un'occupazione adatta alle mie capacità. Perchè penso che di capacità ne ho tante".
Appassionato di computer e tecnologia ("Se si sblocca uno smarthpone lo porti da me e lo sistemo" assicura), Elias ha "una paralisi infantile, che mi ha colpito al cervelletto", causata da alcune complicazioni durante il parto. Dopo la nascita, sua madre ha abbandonato la famiglia, che così dopo qualche anno si è trasferita in Italia. "Perchè mio padre voleva aiutarmi a camminare". Per un periodo le cure hanno funzionato e il 26enne italo-giordano è riuscito per un po' ad utilizzare le gambe, ma a causa di alcune complicazioni ha dovuto interrompere la terapia. E così oggi è Raed a prendersi cura di lui ventiquattro ore su ventiquattro. Ha lavorato per 15 anni nella stessa azienda, fino a quando la crisi non ha colpito anche lui, costringendolo a restare senza lavoro. Elias, quindi, vorrebbe trovarne uno per aiutare l'instancabile papà, ma anche per "costruirmi un futuro. Perchè mio papà oggi c'è, domani non si sa. Se un giorno si dovesse ammalare, io poi cosa faccio?".
"Da quando sono a casa sono distrutto -continua-. Ormai è da sei anni che non faccio niente. Gli assistenti sociali mi hanno proposto un lavoro, con borsa di studio, a cinquanta euro al mese". Troppo poco per aiutare la sua famiglia. "Vorrei andare in America, a vivere e a curarmi. Perchè penso ancora di poter camminare. Lì le persone come me vengono apprezzate di più -aggiunge Elias-. Se hai delle buone capacità, là le puoi sfruttare per studiare e per farti un futuro".
"Io non penso di essere un disabile, ma penso solo di aver avuto la sfortuna di finire su una sedia a rotelle. Io ho bisogno di lavorare, di sentirmi importante, e non sentirmi solo un handicappato che non fa niente. Un handicappato che mangia e va a letto e basta -conclude Elias-. Io ho bisogno di sentirmi vivo, come poi tutte le persone. Perchè se ti senti una nullità non hai voglia di vivere".
Chiunque abbia voglia di aiutare Elias e suo padre con una proposta di lavoro o con un contributo per il trasferimento negli Stati Uniti, si faccia avanti e verrà messo in contatto con loro.