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Lampedusa, eterna emergenza migranti: “Sistema dell’accoglienza così com’è andrebbe smantellato”

Ricominciano naufragi e sbarchi dei migranti a Lampedusa. “Un fatto che viene trattato come un’emergenza, quando invece è perfettamente prevedibile”, spiega Claudia Vitali, operatrice di Mediterranean hope. Dal molo Favaloro i cittadini sbarcati arrivano all’hotspot di contrada Imbriacola. “Abbiamo messo a punto un sistema per cui qui queste persone restano pochissimo tempo: poi vengono imbarcate sulle navi quarantena e, da lì, sbarcano poi sulla terraferma”, dice il sindaco Totò Martello secondo cui la capienza dell’hotspot è sufficiente alle attuali esigenze migratorie. Ma le immagini di un mese fa raccontano un sovraffollamento evidente.
A cura di Luisa Santangelo
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Molo Favaloro a Lampedusa
Molo Favaloro a Lampedusa

L'hotspot di Lampedusa è una fisarmonica. Si riempie e si svuota in base, letteralmente, all'aria che tira. Se di vento ce n'è troppo, il mare si alza e le barche dei migranti non partono, quindi a Lampedusa non arrivano. Se, invece, il meteo è clemente gli sbarchi ricominciano e il centro di contrada Imbriacola straripa di gente. Migliaia di persone, in luogo delle poche centinaia che invece potrebbero dormirci dentro. "Ma non devono dormirci", insiste il primo cittadino lampedusano Totò Martello. "Il sistema – continua il sindaco – è fatto in modo tale che, quando ci sono tanti sbarchi, i migranti restino nel centro soltanto il tempo necessario perché vengano imbarcati sulle navi quarantena".  Ma, a volte, i giorni e gli sbarchi si accavallano. "E il sistema ha avuto qualche difficoltà".

Appena un mese fa, a maggio, alcuni video filtrati dall'interno dell'hotspot mostravano centinaia di persone camminare oltre i cancelli e riposarsi sulla terra secca ai margini della strada. Le temperature, però, non erano alte come in questi giorni. L'ultimo sbarco, dopo una settimana di calma, qualche giorno fa, quando 256 persone sono sbarcate al molo Favaloro. Sono arrivati anche sette cadaveri dopo un naufragio e dieci persone sono rimaste disperse in mare. Un'ultima tragedia risale a qualche ora fa. Il 27 giugno sono arrivate, con due barconi diversi, 233 persone. Migranti che si sono sommati agli oltre cento che già erano presenti nella struttura di contrada Imbriacola, in attesa di essere trasportate sulla terraferma nell'isola maggiore. "Gli sbarchi qui a Lampedusa ci sono tutto l'anno, non soltanto d'estate", sottolinea a Fanpage.it Claudia Vitali, operatrice di Mediterranean hope, il programma migranti della Federazione delle chiese evangeliche, attivo a Lampedusa dal 2014.

"Secondo le nostre stime, pur non essendo ufficiali, da gennaio 2021 sono arrivate sulle nostre coste circa undicimila persone – continua Vitali – A fronte, però, delle oltre 30mila persone che sono sbarcate sulle coste di altri Stati che si affacciano sul Mediterraneo". Arrivano da Tunisia, Africa orientale, Corno d'Africa (principalmente Eritrea e Somalia), Bangladesh, Pakistan e Siria. Rotte migratorie diversissime, ma tutte attraversano il mare e portano a Lampedusa. "Quest'isola è l'inizio e la fine dell'Europa e l'argomento delle migrazioni viene trattato come un'emergenza, anche se è perfettamente prevedibile. Questo approccio rende impossibile ogni programmazione". I turisti che la affollano i migranti non li vedono mai, soprattutto da quando la pandemia da Covid-19 ha reso l'hotspot un luogo dal quale non si esce. Le carrette del mare attraccano al molo Favaloro, zona militare e invalicabile. Dall'altro lato del porto ci sono le imbarcazioni tirate a lucido che trasportano i vacanzieri in giro per le calette dell'isola.

"L'intero sistema dell'accoglienza così com'è oggi andrebbe smantellato", dichiara, netta, Paola Pizzicori, rappresentante del Forum Lampedusa solidale, attorno alla quale si è raccolta la società civile lampedusana. "Dal nostro punto di vista, l'hotspot a Lampedusa non dovrebbe esistere, dovrebbero essere potenziati i corridoi umanitari e l'Europa dovrebbe rivedere la sua politica di esternalizzazione dei confini". Dovrebbe, cioè, smettere di delegare a Paesi come Libia e Turchia la richiesta di controllare e regolare i flussi migratori, coi risultati che ogni estate a Lampedusa diventano ancora più evidenti perché si trovano a favore di telecamera. "Nelle more che il sistema cambi radicalmente, qui sull'isola l'hotspot potrebbe essere reso un centro di accoglienza – prosegue Pizzicori – In quel caso, però, dovrebbe consentire condizioni di soggiorno migliori di quelle attuali". Senza sovraffollamento. E senza la fretta di rispedire in mare, a fare la quarantena, chi dal mare arriva.

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