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L’amore degli sposi Nina e Gleb oltre la guerra. Lei ucraina, lui russo: “Siamo tutti esseri umani”

“Siamo tutti esseri umani, speriamo che il nostro matrimonio sia da esempio per tutti” raccontano Gleb e Nina, originari del Donbass e sposi a Reggio Emilia alla vigilia del conflitto.
A cura di Beppe Facchini
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Lei è ucraina, lui è un cittadino russo ed entrambi sono nati nel Donbass, l'area diventata purtroppo nota nelle ultime settimane, perché il punto di partenza dell'escalation che ha poi portato al conflitto armato nel Paese dell'ex Unione Sovietica. Si sono sposati il 22 febbraio scorso, poche ore prima che il presidente russo Vladimir Putin annunciasse con un suo discorso l'inizio dell'operazione militare in Ucraina, e adesso pregano ogni giorno che presto la guerra finisca, senza ulteriori spargimenti di sangue. Anzi, il loro amore suggellato con le nozze, è un vero e proprio messaggio di speranza affinché ritorni la pace nel proprio Paese d'origine. È la storia di Nina Yezhova e Gleb Petrov, neosposi a Bagnolo in Piano, vicino Reggio Emilia, dopo tanti anni di fidanzamento e tre splendidi figli. “Spero che il nostro matrimonio sia da esempio per tutti: la mia filosofia dice che non esiste né razza e né nazione -spiega Gleb a Fanpage.it-. Lei è ucraina e io russo, ma non fa nessuna differenza. Siamo tutti esseri umani”.

Vogliamo solo la pace” rimarca Nina, 33enne casalinga, arrivata in Italia quando era appena diciottenne. Gleb, invece, è qui da 22 anni: oggi ne ha 37, lavora come camionista e gruista nel reggiano e ha la cittadinanza russa da quando, con sua madre, si è trasferito per un periodo a Mosca. Insieme a lei è poi giunto in Italia e qui ha deciso di mettere su famiglia con Nina, nata nella provincia di Donetsk e passata anche da Leopoli, prima di arrivare in Emilia. Entrambi sono continuamente in contatto con amici e familiari rimasti in Ucraina, scoprendo proprio da loro dell'inizio della guerra il giorno dopo le nozze, celebrate in comune dal sindaco del paese. “Ci siamo svegliati con le loro chiamate che ci avvisavano di quello che stava succedendo -racconta Nina-. Abbiamo paura per loro, perché sono lontani e noi non possiamo fare niente”.

Tra i messaggi che ricevono quotidianamente ce ne sono anche tanti terribili come quelli della sorellastra di Gleb, che qualche giorno fa, in un vocale, ha dato il suo addio ai due, temendo che ormai le speranze di sopravvivere all'aggravarsi del conflitto siano sempre più residue. “Dentro di me non pensavo che saremmo arrivati a questo punto” dice ancora la 33enne, mentre il marito aggiunge: “Questi pensieri avvelenano il sangue di chi come noi è all'estero. Se temiamo che il popolo ucraino venga abbandonato dagli altri Paesi? Purtroppo è già stato abbandonato, ma da tanto tempo -continua-. Lì le persone vivono al limite della povertà, contro un colosso come la Russia ha poche speranze”.

In attesa di poter tornare a far visita ad amici e parenti dalle loro parti, non appena la situazione sarà tornata alla normalità (si spera), Gleb e Nina devono anche fare i conti che i timori e le preoccupazioni dei loro piccoli figli, in particolare dei primi due, che vanno a scuola e che si rendono già conto di quello che sta accadendo a migliaia di chilometri da Bagnolo. “Ieri un vicino ha fatto cadere qualcosa e mia figlia ha subito urlato ‘mamma, mamma, ci stanno attaccando'. Hanno paura anche loro” conferma Nina, che prosegue: “Noi qui ci svegliamo col sole che batte sulle finestre e gli uccellini che cantano, lì invece con bombe e spari”. “Possiamo solo pregare e sperare che la gente stia bene -aggiunge quindi Gleb-. Ci auguriamo che tutto finisca presto con meno sangue possibile e che la gente continui a vivere nella pace”.

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