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L’allarme dell’immunologo Forni sulla variante Delta Covid: “Se si diffonde, rischiamo molti morti”

Secondo l’immunologo Guido Forni, figura autorevole dell’Accademia dei Lincei, “se la variante Delta si diffondesse, il numero di morti potrebbe essere elevato. È necessario rifornire tutti i Paesi attraverso le organizzazioni internazionali non solo per una questione umanitaria ma anche perché è fondamentale bloccare il virus ovunque e impedire che si modifichi. Il Sars-CoV-2 proverà sempre ad acquisire vantaggi su di noi e più lo lasciamo replicarsi più proverà a cambiare”.
A cura di Ida Artiaco
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La variante Delta del Coronavirus, identificata per la prima volta in India nei mesi scorsi e più contagiosa rispetto agli altri ceppi conosciuti, continua a preoccupare. A lanciare l'allarme è oggi l'immunologo Guido Forni, figura autorevole dell’Accademia dei Lincei. Secondo l'esperto, infatti, al momento la diffusione della mutazione è sotto controllo in Italia e "chi è vaccinato con due dosi è piuttosto protetto. Mi preoccupano quei circa 2,8 milioni di over 60 che ancora non si sono immunizzati per niente. Se la Delta si diffondesse, il numero di morti potrebbe essere elevato", ha aggiunto in una intervista al Corriere della Sera. Forni ha anche spiegato che il rischio dello sviluppo di nuove varianti virali non si estinguerà "se la distribuzione dei vaccini nel mondo non sarà uniforme. È necessario rifornire tutti i Paesi attraverso le organizzazioni internazionali non solo per una questione umanitaria ma anche perché è fondamentale bloccare il virus ovunque e impedire che si modifichi. Il Sars-CoV-2 proverà sempre ad acquisire vantaggi su di noi e più lo lasciamo replicarsi più proverà a cambiare". Quindi, è necessario completare il ciclo vaccinale con doppia dose. Ma Forni ha anche aggiunto: "Mi sembra che non sia il momento migliore per fare i capricci sulla mascherina. È un fastidio ma anche un salvavita", commentando lo stop all'uso del dispositivo di protezione individuale sui cui è atteso il parere del Cts nelle prossime ore.

Al momento, secondo l'ultima survey elaborata dall'Istituto superiore di Sanità, la variante Delta è presente in Italia nell'1% dei casi con pochi e circoscritti focolai. Numeri bassi rispetto, ad esempio, a quelli del Regno Unito, dove nelle ultime settimane si era registrato un aumento dei casi collegati alla mutazione e, in misura minore, anche dei ricoveri proprio grazie all'imponente e veloce campagna di vaccinazione. "Bisogna ricordare – ha spiegato Massimo Galli, virologo dell'ospedale Sacco di Milano – che da noi sono state somministrate 46 milioni di dosi contro i 73,7 milioni in Gran Bretagna, che le persone che hanno completato il ciclo vaccinale sono 15,7 milioni contro i 31 milioni del Regno Unito. In una situazione di questo tipo occorre continuare a consigliare cautela, soprattutto a chi non è ancora vaccinato o a chi, pur vaccinato, è in una condizione di fragilità".

Intanto, proprio oggi arrivano anche in Italia i nuovi test in grado di riconoscere la variante Delta. Rispetto a quelli attualmente utilizzati per la diagnosi, non cercano le mutazioni nella proteina Spike, utilizzata dal virus per invadere le cellule, ma cercano una mutazione chiamata N501Y, presente in tutte le principali varianti finora note tranne che nella Delta, in particolare la B.1.671.2, che è la più diffusa delle tre varianti identificate in India. Inoltre, sempre per monitorare la diffusione della mutazione nel nostro Paese è stata avviata nuova indagine rapida sulla diffusione nel nostro Paese. Ad annunciarla è la circolare dal titolo ‘Stima della prevalenza delle varianti Voc (Variant Of Concern, varianti che destano preoccupazione, ndr.) in Italia': lineage B.1.1.7, P.1, B.1.617 (1,2 o 3) e B.1.351, e altre varianti del virus Sars-CoV-2′, firmata dal direttore generale Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza. Tra le principali varianti del Coronavirus la cosiddetta inglese, brasiliana, sudafricana e la Delta che più fa paura.

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