L’accoglienza dei profughi ucraini mette in crisi le Regioni italiane: “Flussi troppo grandi”
Le Regioni italiane stanno andando in difficoltà nello sforzo di accogliere i profughi ucraini in arrivo nel nostro Paese. Le 91mila persone finora che hanno raggiunto l'Italia nel giro di un solo mese sono infatti di gran lunga di più rispetto al comune numero di uomini, donne e bambini normalmente accolti dalla rete di Cas, Sal e terzo settore. La situazione è finora sotto controllo grazie alla presenza di tanti amici e parenti che ospitano privatamente chi fugge dalla guerra, ma il sistema pubblico fa già fatica. A spiegare le difficoltà degli enti locali sono stati alcuni rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, in particolare dei territori del centro-nord, in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera.
Secondo Irene Priolo, assessora all'ambiente dell'Emilia Romagna, "la necessità di accoglienza è triplicata rispetto alle esigenze comuni e la rete di Cas, Sal e terzo settore non basta: abbiamo dovuto già trovare una sistemazione per circa 22mila persone, contro le 8mila che arrivavano in un interno anno: serve ancora più accoglienza in famiglia".
Questo tipo di accoglienza è molto diffusa nelle altre Regioni, con i Cas che risultano poco frequentati dai profughi. Ma queste strutture, secondo i rappresentanti degli enti locali, risultano comunque inappropriate per ospitare donne e bambini, per mancanza di posti e servizi inadeguati. In Lombardia l'assessore al Territorio Pietro Foroni ha poi lanciato l'allarme sull'accoglienza straordinaria negli alberghi. "Doveva durare 48 ore– spiega- ma molto spesso aumenta anche in maniera significativa per la lentezza della rete ordinaria: per questo penso ci debba essere una chiara interlocuzione tra il ministero dell'Interno e le prefetture". A Milano e dintorni su 35mila persone solo il 5% è nei Cas.
In Friuli Venezia Giulia, invece, si teme che l'ingente flusso di profughi ucraini possa sommarsi a un aumento dei numeri di chi percorre la rotta balcanica, cioè per lo più afghani e pakistani. "Se quel flusso riparte – avvisa l'assessore alle autonomie locali Pierpaolo Roberti- l'impatto sul nostro sistema di accoglienza non sarebbe tollerabile". Dalle Marche, infine, arriva la proposta di aumentare i contributi diretti a favore dei profughi o rafforzare la collaborazione con il terzo settore, perché, dice la giunta regionale, "con questi ritmi prima o poi potremmo avere seri problemi".