La versione del padre di Saman Abbas al processo: “Il matrimonio non era combinato, lei aveva detto sì”
Shabbar Abbas, padre della 18enne di Novellara Saman uccisa per essersi opposta a un matrimonio combinato, ha parlato in italiano durante le dichiarazioni spontanee nell'aula della Corte di assise in attesa della sentenza in primo grado per lui, sua moglie Nazia Shaheen (ancora latitante),lo zio Danish Hasnain e i due cugini che avrebbero aiutato i genitori della 18enne a compiere il delitto e poi occultare il cadavere.
Per i genitori della ragazza uccisa nel maggio del 2021 dopo essere stata attirata in una trappola, è stato chiesto l'ergastolo in primo grado. Resta attesa per oggi la sentenza, con eventuale accoglimento della richiesta di condanna. "Ho sentito tante cose false su di me – ha detto in aula Shabbar, arrestato in Pakistan dopo un lungo periodo di latitanza e poi estradato in Italia -. Non sono una persona ricca e non sono neppure un mafioso, non ho ammazzato nessuno, né qui, né in Pakistan".
Il padre sul matrimonio combinato: "Saman disse sì"
Sul ragazzo con il quale Saman voleva vivere liberamente una storia d'amore, Saquib, Shabbar Abbas avrebbe detto di non essersi "mai recato a casa sua" per minacciare la famiglia. "Anche questo è falso – ha affermato -. Come quelli che dicono ‘ha ammazzato la figlia ed è scappato via'. Saman disse di sì al matrimonio con il cugino. Con quel ragazzo (Saquib n.d.r) non era amore, lui le diceva bugie e lei faceva lo stesso".
Nel corso delle sue dichiarazioni spontanee, il padre della 18enne di Novellara morta il 1 maggio del 2021, ha sconfessato l'intera ricostruzione fatta dall'accusa. "Saman disse di sì a quel matrimonio, in famiglia eravamo contenti perché era un bravo ragazzo. Non era un matrimonio combinato" ha affermato davanti alla Corte di Assise di Reggio Emilia prima che i giudici si ritirino in camera di consiglio per la sentenza.
Shabbar Abbas in lacrime davanti alla Corte di Assise
Shabbar Abbas ha respinto le accuse lanciate anche dal fratellino della 18enne, ascoltato quando era ancora minorenne. Il ragazzo, oggi pienamente nella maggiore età, ha raccontato alle autorità di aver sentito suo padre parlare del delitto, della "fossa da scavare" e di come evitare le riprese delle telecamere di videosorveglianza insieme allo zio e ai cugini della giovane.
"Non avrei mai pensato di uccidere mia figlia – ha continuato in lacrime davanti alla Corte di Assise – nemmeno gli animali lo fanno. Saman era il mio cuore, il mio sangue. Ho portato qua il mio cuore e il mio sangue. Non ammazzo figli, non sono un animale. Neanche da pensare".
I servizi sociali e il giorno della scomparsa
"Io non sapevo perché mia figlia fosse stata affidata ai servizi sociali – ha sottolineato poi Shabbar, negando in lacrime quanto sostenuto dal figlio minore -. Quando andavo dai carabinieri, mi dicevano ‘aspetti fuori. Vada a casa'. Pensavo che fosse perché ero straniero e che a loro non importasse. Quando tornavo a casa, mia moglie mi chiedeva cosa avessero detto e io dovevo dirle delle bugie, che la settimana dopo avremmo saputo perché l'avevano portata via. Lei piangeva, batteva la testa contro il muro. Signori giudici, questi servizi sociali non pensano ai minorenni, non li trattano bene".
Sul giorno della scomparsa di Saman, Shabbar Abbas ha affermato davanti ai giudici che "in casa non c'era alcun problema". "La sera ha preso il telefono – ha raccontato -. Mandava messaggi, ma io non li controllavo, né i suoi né quelli del fratello. Mi ha detto che voleva andarsene, le ho risposto che era notte. Ho pensato che Saqib sarebbe andato a prenderla, sicuro. O che avrebbe mandato qualcuno lui".
"Ho chiamato Danish, lei era in bagno a mandare messaggi, mi ha detto che sarebbe andata un'amica a prenderla. È andata con la madre fuori, ha detto che ci avrebbe parlato lei. Quando sono tornate dentro, lei è corsa di nuovo in bagno a mandare altri messaggi".
"Voglio capire anche io chi l'ha ammazzata, con chi andava quella notte e chi la veniva a prendere. La vita mia adesso è piangere, mia figlia non c'è più" ha poi affermato davanti ai giudici. In particolare, i giorni dopo l'omicidio, quando con la moglie tornò in Pakistan, Shabbar Abbas ha raccontato di aver ricevuto un messaggio dal numero di Saman che gli diceva: "Sto bene, dopo ti chiamo"