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La verità sul Cermis ed il tempo della Giustizia

La Stampa pubblica il documento ufficiale in cui le forze armate statunitensi ammettono la responsabilità per il terribile incidente del Cermis avvenuto il 13 febbraio del 1998 e costato la vita a venti persone.
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Aviano-Cermis

Il 3 febbraio del 1998 alle ore 15:13 un aereo militare statunitense tranciava le funi della funivia del Cermis, in Val di Fiemme. L'incidente provocava la caduta nel vuoto della cabina e la morte delle venti persone che si trovavano a bordo, mentre il velivolo riusciva comunque ad atterrare, seppure in condizioni di emergenza. Il Grumman EA – 6B Prowler, in dotazione al corpo dei Marines, era decollato poco prima dalla base aerea statunitense di Aviano per un volo di addestramenti al comando del capitano Richard Ashby.

IL DOCUMENTO – A distanza di oltre 13 anni dalla strage, è il quotidiano La Stampa a riaprire la discussione, pubblicando un documento in cui emerge chiaramente "l'assunzione di responsabilità" da parte degli alti comandi statunitensi per il terribile incidente. La comunicazione, datata 10 marzo 1998, porta la firma del Generale Peter Pace e presenta elementi cruciali per una precisa ricostruzione della vicenda. Si tratta in buona sostanza di un dettagliato rapporto investigativo (commissionato dallo stesso Pace) che comincia proprio da una "scheda tecnica" dell'equipaggio del velivolo: Il pilota e capitano Richard Ashby (richiamato formalmente solo qualche mese prima per un decallo "errato"), il navigatore Joseph Schweitzer, il capitano William Raney e il capitano Chandler Seagraves, aggiunto solo all’ultimo momento al gruppo. Considerazioni preliminari e necessarie, dal momento che, come sottolineato dal pezzo a firma di Maurizio Molinari e Paolo Mastrolilli:

"Il 2 febbraio Schweitzer comincia a studiare la rotta per il volo addestrativo a bassa quota, ma lo fa sulle carte e i documenti sbagliati. Il comandante dello Squadrone, tenente colonnello Muegge, e i suoi assistenti Roys, Recce, Watton e Caramanian, non hanno informato direttamente i piloti delle nuove limitazioni (il governo italiano aveva imposto nuove regole sui voli a bassa quota in Trentino Alto Adige, vietando di scendere sotto i 2000 piedi, ossia circa 700 metri). Non dovrebbe fare differenza, perché comunque Schweitzer prevede di non scendere mai sotto i 1000 piedi, una quota nettamente superiore a quella della funivia".

Come se questo non bastasse, pochi giorni dopo l'incidente, all'interno del velivolo furono rinvenute sia la comunicazione sulle nuove "norme", sia le carte che segnalavano la presenza della funivia sul percorso che sarebbe poi stato seguito dal velivolo. Ma non è tutto, perchè dalle carte emerge anche la ricostruzione della drammatica sequenza degli avvenimenti di quel maledetto giorno. Dal decollo, avvenuto alle 14,35, ai primi passaggi a bassa quota (segnalati anche dalla presenza di un aereo radar e da numerose testimonianze), fino al drammatico momento in cui (dopo un passaggio a soli 100 metri di altezza) il pilota vede sulla rotta la funivia (di cui pare ignorasse l'esistenza) e "la sua reazione immediata è spingere il naso in giù, nel tentativo di sopravvivere ed evitare la cabina […] Schweitzer rimane scioccato nel vedere un cavo, mentre Ashby fa picchiare l’aereo. Poi sente un rumore sordo, ma pensa che sono passati sotto. Raney sente l’impatto, ma non vede cosa è stato colpito". Un rapporto dettagliato e minuzioso che si conclude con una constatazione amara che non lascia dubbi di sorta:

"La causa dell’incidente è stata un errore dell’equipaggio. Ha manovrato aggressivamente l’aereo, superando la velocità massima di 100 miglia all’ora e scendendo molto più in basso dei 1000 piedi di altezza. L’impatto non è stato un caso fortuito, perché l’equipaggio ha volato più basso e più veloce di quanto fosse autorizzato, ovunque il terreno lo consentiva"

Insomma, un documento che mostra l'estrema consapevolezza con la quale l'alto comando USA abbia immediatamente affrontato la questione ma che sotto molti aspetti stride con le vicende processuali e con le determinazioni dei giudici che a vari livelli si sono espressi sulla vicenda (in territorio USA, dal momento che, come riporta anche Wikipedia, la giurisdizione sul caso è stata riconosciuta alla giustizia militare statunitense, in virtù della Convenzione di Londra sullo Statuto dei Militari Nato).

OLTRE IL PROCESSO – In effetti, tralasciando le prime vergognose dichiarazioni dei funzionari (con i dubbi sulla "stabilità" della funivia), le assoluzioni di Ashby e Schweitzer dalle accuse di omicidio colposo e la loro successiva condanna per "intralcio alla giustizia" (non va taciuto che Schweitzer distrusse le registrazioni della telecamera di bordo), riflettono un percorso ancora poco chiaro nel quale, con buona probabilità, più che all'accertamento della verita, si è badato soprattutto a non compromettere particolari rapporti diplomatici e "funzionali" collegamenti militari. E lo stesso "tira e molla" sui risarcimenti rappresenta certamente un aspetto da non sottovalutare, proprio perchè esplicativo della "scala valoriale" cui sono improntati i rapporti fra gli Stati, i legami di sudditanza – assistenza fra i Paesi della Nato.

E poco importa in fondo se lo stesso Generale Pace sottolineava come "tutte le richieste appropriate di risarcimento per le morti e i danni dovranno essere pagate", poco importa in fondo se decine di famiglie hanno atteso per anni che si accertassero le responsabilità e si punissero i colpevoli, poco importa se si tratta dell'ennesima "pagina oscura tra segreti, interessi e occultamenti" della storia italiana: in fondo, che valore avrà mai la parola giustizia?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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