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La vera storia di Tina Anselmi: la Resistenza, la lotta alla P2 e la politica unica compagna di vita

Tina Anselmi ha caratterizzato la sua vita attorno all’impegno politico e sociale costante che l’ha portata a diventare volto e nome indimenticato delle istituzioni italiane. Nata nel 1927, è morta nel 2016 a causa di un ictus seguito al Parkinson. Fu la prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica.
A cura di Antonio Palma
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Tina Anselmi
Tina Anselmi

Partigiana, deputata ed esponente di spicco della Democrazia Cristiana nonché prima donna italiana a ricoprire la carica di ministro. Sono solo alcuni dei ruoli ricoperti da Tina Anselmi nel corso della sua lunga vita che da Castelfranco Veneto, dove è nata nel 1927 ed è morta nel 2016 a causa di un ictus seguito a una lunga malattia, l’ha portata a diventare volto e nome delle istituzioni italiane.

Chi era Tina Anselmi, la prima ministra italiana

Prima dei quattro figli di Ferruccio Anselmi, socialista convinto proveniente da famiglia benestante, e di Norma Ongarato, figlia di una oste vedova che ebbe una grande influenza su di lei, Tina Anselmi ha caratterizzato la sua vita attorno all’impegno politico e sociale costante.

Dalla militanza nella Gioventù Femminile di Azione Cattolica alla Resistenza, con il nome di battaglia di "Gabriella", all’attività sindacale alla elezione in Parlamento alla nomina a ministra, una attività caratterizzata sempre da una forza e una indipendenza che le era valso anche il soprannome di Tina vagante. Non si sposò mai né ebbe figli.

È stata tra le donne citate dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo discorso per la fiducia alla Camera.

La resistenza e la staffetta partigiana con il nome Gabriella

Fu un’esecuzione pubblica di partigiani a cui fu obbligata ad assistere mentre era studentessa che spinse Tina Anselmi a lasciare ogni remore e a combattere, da cattolica, il fascismo e il nazismo come partigiana a diciassette anni.

“Una verifica di che cosa era il fascismo e che cosa era il cattolicesimo venne proprio intorno al tema delle uccisioni, delle rappresaglie, che poi era l’aspetto più terribile del fascismo e del nazismo” spiegò Anselmi decenni dopo.

Introdotta nella banda partigiana da Marcella Dallan, anche lei di Azione Cattolica, Tina Anselmi scelse il nome di battaglia di Gabriella, in onore dell’arcangelo Gabriele, figura vista come messaggero e mediatore. Staffetta partigiana che portava ordini e messaggi, si distinse fino a diventare segretaria personale del comandante militare regionale, Cesare Sabatino Galli, con il quale partecipò alle trattative con i tedeschi in vista della liberazione di Castelfranco.

Anno 1976/1978 Presentazione del III Governo Andreotti con Tina Anselmi
Anno 1976/1978 Presentazione del III Governo Andreotti con Tina Anselmi

Cosa ha fatto: le leggi sulle pari opportunità e il servizio sanitario nazionale

Eletta deputata ininterrottamente dalla V alla X legislatura e cioè dal 1968 al 1992, la sua determinazione e le sue doti di organizzatrice l’hanno portata ricoprire incarichi di altissimo rilievo in una epoca dove erano gli uomini a gestire ogni cosa.

Diventata prima donna Ministro ricoprendo l’incarico di ministro del lavoro dal 1976 al 1978 e poi di Ministro della Sanità nel 1978-79, è stata tra i principali sostenitori della riforma che ha condotto alla creazione del Servizio sanitario nazionale nel 1978 e nello stesso anno firmò anche la legge Basaglia sull’abolizione dei manicomi. È stata lei infine a firmare la legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro quando era ministro, la cosiddetta legge sulle pari opportunità.

La commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia P2 

“Per me l’esperienza più sconvolgente della mia vita. Ho fatto il ministro due volte, mi sono trovata dentro quella che chiamano la stanza dei bottoni. Ma solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che ci viene delegato dal popolo, possa essere ridotto ad un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni […] ha fatto un colpo di stato strisciante. […]. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto” così Tina Anselmi descrisse i due anni e mezzo di presidenza della Commissione di inchiesta parlamentare sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli a lei affidata negli anni’80.

Un incarico che le fu conferito dall’intesa fra Nilde Iotti, la presidente della Camera, e la vice presidente, la democristiana Maria Eletta Martini, ma che non portò a grandi risultatati come lei stessa disse venti anni dopo amaramente: “Tanto lavoro di indagine, tanti buoni risultati, ne emergeva una trama così chiara: eppure non gli è stato dato alcun seguito”.

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L'attentato e la bomba disinnescata in casa Anselmi 

Proprio gli anni ‘80 sono stati gli anni più pesanti per lei con una bomba al tritolo individuata nel giardino di casa e disinnescata l’8 marzo del 1980 e la conseguente scorta per la famiglia, come ha raccontato la nipote. “Eravamo tutti in pericolo, sono stati anni di forti tensioni famigliari. Prima l'attentato poi, quando fu nominata a capo dell'inchiesta P2, in casa è stato un crescendo di tensione, avevo 17 anni. Anni che ci hanno segnato profondamente” ha rivelato la nipote Valentina Magrin, aggiungendo: “Credo che a volte si chiedesse ‘chi me lo fa fare’. Furono anni durissimi. Però lei pensava sempre alle generazioni del domani, e guardandoci sembrava dicesse ‘so perché lo faccio’ “.

Le Dieci ragioni per candidare Tina Anselmi al Quirinale

Più volte Tina Anselmi fu proposta per la presidenza della Repubblica, sia da politici che da esponenti della società civile anche dopo l’uscita dal Parlamento ma non ottenne mai i voti necessari. Nel 2006 una campagna mediatica che prendeva le mosse dal blog "Tina Anselmi al Quirinale" la cercò di spingere per la sua elezione al Quirinale enunciando le Dieci ragioni per candidare Tina Anselmi alla Presidenza della Repubblica.

Il forte legame e il sostegno della famiglia

Anche se non era mai stata sposata, il suo attaccamento alla famiglia era viscerale in particolare alla sorella e ai nipoti, come dimostra il fatto che non si è mai spostata da Castelfranco. “Noi nipoti eravamo un po’ il suo binario” ha raccontato la nipote, descrivendo la zia come “una donna del futuro e di enorme franchezza. Una persona eccezionale nel suo essere una zia normale ma con un radar per le nostre emozioni più intime. Credeva moltissimo nei giovani ed era sempre pronta a confrontarsi con noi anche su temi spinosi”. Un affetto ricambiato da tutta la famiglia che "ha vissuto e combattuto al suo fianco”.

La malattia, gli ultimi anni e la morte a Castelfranco

Finché non fu colpita dal declino fisico, Tina Anselmi rimase attiva nella sfera pubblica ricoprendo svariati incarichi sia politici che nella società civile anche dopo essere uscita dal Parlamento. Prima membro della Commissione governativa d’inchiesta sui fatti della Somalia, poi presidente della Commissione nazionale sulle conseguenze delle leggi razziali per la comunità ebraica italiana e infine vicepresidente e poi presidente onorario dell’Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione.

Alla memoria della Resistenza dedicò le sue ultime fatiche fino a quando il Parkinson, che l’aveva colpita anni prima, e un ictus non le impedirono di proseguire oltre. Tina Anselmi è morta a 89 anni il primo novembre 2016 nella sua Castelfranco Veneto dove è sepolta nella tomba di famiglia.

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