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La telefonata al 112 del marito di Cinzia, massacrata a San Stino: “Venite ad arrestarmi”

Nuovi dettagli sull’omicidio di San Stino: il marito di Cinzia Luison, Giuseppe Pitteri, ha chiamato il 112 dopo averla uccisa a bottigliate: “Sono qui, venite ad arrestarmi”.
A cura di Ida Artiaco
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"Sono qui, venitemi ad arrestare". Sono queste le parole che Giuseppe Pitteri, detto Walter, 65 anni, ha pronunciato al 112 subito dopo aver ucciso a bottigliate la moglie Cinzia Luison, 60 anni, a San Stino di Livenza.

L'uomo al momento si trova in carcere a Venezia, in attesa dell’interrogatorio di convalida dell’arresto per omicidio volontario. La tragedia si è consumata ieri, martedì 6 dicembre, nell'appartamento dove viveva la coppia, tra il soggiorno e la cucina.

"Quando i carabinieri sono giunti sul posto, la donna giaceva a terra, in posizione supina, con il volto completamente sfigurato e piena di sangue, completamente vestita", è la ricostruzione della Procura. "L'uomo aveva i pantaloni con schizzi di sangue e schizzi si riscontravano anche sulle pareti", ha aggiunto, sottolineando che "il medico legale ha collocato il decesso fra le 13 e le 13.30: la causa della morte è stata ricondotta a un trauma cranico encefalico da azioni contundente protratta caratterizzata da estrema violenza".

La donna è stata sorpresa dal suo assassino subito dopo essere rientrata a casa per la pausa pranzo, dal momento che gestiva il salone "Cinzia Parrucchieri" a Blessaglia di Pramaggiore.

Prima ancora dell'arrivo dei soccorsi, stando a quanto ricostruito finora, una delle due figlie della coppia, nel rientrare nell'appartamento, ha trovato il cadavere della madre, a terra in una pozza di sangue e quindi immediatamente è uscita chiedendo aiuto ai vicini.

Ancora ignoto il movente: a quanto pare i rapporti tra marito e moglie erano "assai freddi" da tempo, ma non ci sono mai state denunce di maltrattamenti in precedenza né vi sono mai state segnalazioni ai Servizi sociali. Tuttavia, l'uomo, come ha reso noto il procuratore di Pordenone, Raffaele Tito, in un comunicato, "era beneficiario di amministrazione di sostegno in dipendenza di una pessima gestione delle proprie risorse economiche".

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