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La storia dimenticata di Roberta Lanzino, stuprata, seviziata e uccisa a 19 anni

Il 26 luglio 1988 Roberta Lanzino, 19 anni, si mise in viaggio in sella al suo scooter per andare al mare dai suoi a San Lucido, sulla costa calabrese. Non arrivò mai. A una decina di chilometri da casa fu aggredita stuprata e uccisa. Per il delitto vennero indagati due agricoltori locali, salvo poi essere assolti per ‘non aver commesso il fatto’.
A cura di Angela Marino
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Semplice, pulita, allegra, Roberta Lanzino è una ragazza a cui non si può fare a meno di voler bene. Ha 19 anni quando, nel luglio del 1988, si affaccia alla sua prima estate da studentessa universitaria. Gli esami del primo anno sono finiti, è il momento di rilassarsi al mare con la famiglia che in parte è già nella casa di villeggiatura a Miccisi di San Lucido, a poco meno di 50 minuti da Rende di Cosenza, dove i Lanzino vivono. Il 26 luglio mamma Matilde e papà Franco organizzano la partenza per la casa al mare, dove vogliono portare lo scooter del fratello di Robertina, un Piaggio ‘Sì', che può tornare utile. Roberta andrà avanti sulle due ruote e loro seguiranno dietro in auto, senza mai perdere di vista la ragazza, che altrimenti non sarebbe in grado di trovare la strada.

La storia di Roberta Lanzino

Alle 16 Roberta fa rifornimento e parte, mamma e papà si attardano a comprare un cocomero per  la sera. Fa caldo, un caldo torrido, e pur accorgendosi che i genitori sono rimasti indietro continua ad andare, con il vento tra i capelli. La strada che Roberta ha scelto, però, è tortuosa e piena di biforcazioni tutte uguali, così Robertina si perde. Intanto, Matilde e Franco arrivano nel villetta di San Lucido sicuri di trovarvi la figlia, che avendo diversi minuti di vantaggio deve essere già lì. E invece non lei non c'è. Roberta è una ragazza sveglia, è una sportiva che conosce un po' di arti marziali, ma è pur sempre una bambina cresciuta e un terrore strano comincia a bagnargli la fronte.

Le ricerche

Alle 18 cominciano le ricerche lungo la strada vecchia che da Cosenza porta alla litoranea. Qualcuno dice che negli ultimi 15 chilometri è stato visto uno scooter blu simile al ‘Sì' di Roberta, che verrà recuperato intorno alle due del mattino, dai carabinieri, in una scarpata a picco sul mare. È intatto e non è in avaria, pertanto l'ipotesi dell'incidente è scartata, ma non quella del rapimento, tristemente frequente negli anni Ottanta. È una notte insonne per i Lanzino che sperano, quantomeno, di ricevere richieste di riscatto. E invece l'indomani sotto il sole rovente del sud, il corpo bianco di Roberta Lanzino viene trovato non molto distante da dove era stato recuperato lo scooter. Ha la maglietta e il reggiseno arrotolati sul seno, i jeans e la biancheria strappati sono stati buttati a pochi metri. Il volto è tumefatto all'altezza dello zigomo sinistro, il collo tranciato dallo stesso lato. Sulle gambe, l'addome e le braccia ci sono una trentina di ferite. Qualcuno le ha infilato le spalline appallottolate giù per la gola.

L'orrore a pochi passi dal paradiso

Roberta, come riconoscerà il medico legale poco dopo, è stata stuprata con ‘animalesca' violenza e poi sgozzata. La vita di quella brillante studentessa viene rivoltata come un calzino, ma nessuno aveva motivi e opportunità per farle del male, quel giorno di fine luglio, così si passa alla pista del delitto occasionale. Secondo il procuratore Domenico Fiordalisi, Roberta si sarebbe smarrita lungo la strada, imbattendosi in uno o più persone che, assecondo un impulso, l'avrebbero aggredita seviziata e uccisa. Diversi testimoni parlano di una Fiat 131 avvistata mentre seguiva a breve distanza il ‘Sì' di Roberta. Un uomo, Giuseppe Frangella, dichiara di aver parlato proprio con la ragazza che gli avrebbe chiesto la strada per Falconera. E di aver visto i due cugini Luigi e Rosario correre lungo lungo la strada gridando.

Il pastore

Rosario Frangella ha un profilo che agli inquirenti appare compatibile con l'aggressore. Pochi mesi prima era stato ricoverato in Psichiatria per un episodio legato alla malattia di cui soffre ‘schizofrenia da innesto', una patologia legata anche alla sessualità. Non solo. Due anni prima Rosario aveva seminato il panico sgozzando senza motivo venticinque pecore del suo gregge. Sulla base degli indizi raccolti i tre vengono rinviati a giudizio.Il discrimine tra la certezza e il sospetto sta tutto nelle prove forensi: il DNA, le impronte, il sangue. Tutti elementi che, purtroppo, sono stati raccolti approssimativamente, tanto che i vestiti di Roberta sono andati addirittura smarriti. Il solo esame dell'unico DNA maschile trovato nelle tracce di liquido seminale scagiona i tre pastori calabresi. Tabula rasa.

Nel 2015 il processo viene riaperto sulla base di un nuovo sospetto che riguarda Luigi Carbone, allevatore scomparso per lupara bianca e Franco Sansone, proprietario di una Fiat 131 trovata sul fondo di una scarpata a pochi metri da dove venne abbandonato il corpo di Roberta, proprio nel 2015. Anche questa volta il test DNA, effettuato su campioni presi dagli eredi Carboni e su quello di Sansone, scagiona i sospettati.Il caso finisce al centro di una puntata di Blu Notte, il programma condotto da Carlo Lucarelli.

Sono passati trent'anni da quando quella ragazza pulita e seria venne catturata e uccisa come un agnellino nelle campagne dei lupi.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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